VMBRA MORTIS
Il Respiro Delle Ombre

Etichetta: autoprodotto
Anno: 2009
Durata: 19 min
Genere: black metal


Niente male questo debutto dei capitolini Vmbra Mortis, band che concettualmente esiste addirittura dal lontano 1998 anche se concretamente ha mosso i suoi primo passi nel 2005: pur non inventando niente di nuovo, il duo formato da Invictus (voce e chitarre) e dal partner in crime Adversor (che si occupa del basso e ha curato le grafiche del disco) consegna ai posteri un disco spiritato, dalle grandi atmosfere e che farà senz'ombra di dubbio la gioia di tutti gli amanti del genere. Dopo un intro dal sapore arcano il massacro ha inizio con la ferale "Immortale Richiamo", song tiratissima che rimanda alla scuola svedese, con un main riff che riprende il motivo dell'intro sul quale troneggia la voce indemoniata di Invictus, riverberata al punto giusto, anche se bisogna dire che tutto il disco gode di una registrazione molto appropriata, grezza e che predilige le tonalità più alte, sicuramente efficacissima nel creare un'atmosfera infernale simile a quella evocata dai Marduk nello storico "Nightwing".
La title- track, posta come traccia centrale, è forse la migliore del disco in virtù dei numerosi cambi di tempo che la contraddistinguono: si passa da un riff molto punk-oriented (che mi ha ricordato l'incipit di "He's Turning Blue" dei folli Carpathian Forest) ad altri più gelidi e veloci in puro stile norvegese, senza rinunciare a momenti più cadenzati e marziali, una traccia veramente completa e assassina.
Con "Ater" si ritorna sui velocissimi binari della traccia d'apertura, un assalto senza fronzoli o orpelli vari, dall'incedere maestoso e trionfale con richiami questa volta a certe produzioni glaciali dei primi anni novanta, vedi "A Night On The Bare Mountain" dei polacchi Veles o l'arcinoto "Transilvanian Hunger" dei Darkthrone.
Il compito di chiudere in bellezza il disco è affidato alla superba e auto celebrativa "Ombre Di Morte", con Invictus che sparge il suo verbo mortifero dando vita a momenti veramente inquietanti, ben supportato dal lavoro minimale e serrato delle chitarre e dalla marcia della batteria elettronica, ben programmata, tanto da non far pesare più di tanto l'assenza di un batterista in carne ed ossa.
Complimenti quindi a questo combo romano, capace di riproporre in modo convincente soluzioni già adottate facendo trasparire inoltre una dedizione e un foga che trasformano un potenziale fiasco in un disco interessante e già pronto per soddisfare i palati dei seguaci del genere. Nota di merito anche per l'artwork, con tanto di copertina con la Grande Mietitrice a cavallo e immagini di eremi solinghi dispersi in mezzo alla natura incontaminata: non proprio originalissimo ma sicuramente curato e ben fatto. Ora aspettiamo il full-lenght.
(Ranstrom Gail - Agosto 2009)

Voto: 7


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