HALL OF HATE
Into The Unreal World

Etichetta: Necrotorture
Anno: 2008
Durata: 30 min
Genere: metalcore


Non servono molti ascolti per farsi un'idea del sound di questa giovane band dall'immagine molto sci-fi e dichiaratamente influenzata dallo swedish style: il metalcore proposto dai nostri, infatti, è sicuramente (o è stato fino a poco tempo fa, se non mi sono perso qualcosa) uno dei generi più gettonati del momento, visto l'improvviso successo di alcune band come i Dark Tranquillity o i Soilwork; gli Hall Of Hate, inoltre, pescano anche dalla "scuola" americana, mi vengono in mente i Killswitch Engage o i Walls Of Jericho. Il rischio che ne deriva, per una band agli esordi, è che il proprio disco si perda nel marasma che migliaia di band hanno creato seguendo questo trend, con la conseguente pubblicazione di migliaia di dischi fotocopia e inevitabile saturazione del mercato discografico. Mi piacerebbe dire che per gli Hall Of Hate non vale questo discorso, ma, purtroppo , l'ascolto di "Into The Unreal World" non mi permette di fare retromarcia. Procedo quindi a spiegare le mie sensazioni, introducendo la prima canzone, che in realtà è un'intro elettronica con samples vari che, se non vado errato, dovrebbe rappresentare una specie di ingresso verso "il mondo irreale" citato nel titolo. La prima traccia vera e propria è "Unreal", esemplificativa al massimo, che gode di una pulitissima registrazione digitale che, se da una parte può contribuire a rafforzare il concept della band come è stato in passato per i Fear Factory, dall'altra toglie una buona dose d'impatto e appiattisce un po' il tutto; il debito con lo stile svedese è cospicuo, i riff non brillano certo per originalità, e forse, di questi tempi, abusare dei stoppati di chitarra non è certo una soluzione particolarmente indicata. La struttura latita, e la sezione ritmica difetta di fantasia e aggressività, anche se per quest'ultimo aspetto spezzo una lancia a favore del drummer Jules: il metalcore non è un genere in cui è facile brillare se si siede dietro le pelli perché richiede una dose di tecnica non comune per dare il giusto vibe alle composizioni, infatti, se notate, i batteristi delle band più rappresentative hanno una tecnica mostruosa, quindi direi che al giovane Jules si debba concedere un altro po' di tempo prima di metterlo alla gogna. Ad ogni modo, però, resta di fatto che il basso ha un volume poco al di sopra dello zero che lo rende inudibile e la voce, specialmente verso la fine della song dove per qualche secondo cessano gli strumenti, si rivela sì sufficiente nel growl, ma assolutamente da rivedere nello scream, troppo lamentoso e forzato. "Beware Of The Living", anche se insiste su soluzioni che ci vanno fuori dalle orecchie e anche da certe altre parti del corpo che non menziono per decoro, si fa già apprezzare più della precedente: appetibile però solo ai più accaniti fan del genere. Nella successiva "Re Lost" finalmente la band prova a metterci del suo, innestando, su una base arpeggiata, tonnellate di melodie maideniane, inserendo poi, in dirittura d'arrivo, degli inserti di synth e delle voci effettate. "Headshot" sembra partire a razzo, ma , stranamente, il batterista sembra indugiare su mid-tempos che spengono sul nascere qualsiasi velleità velocista, un vero peccato. Fortunatamente ha l'occasione di redimersi nella conclusiva "B.F.G.", dove viene finalmente sfoderato il doppio pedale che aspettavamo da un pezzo, preciso e dritto, anche se non posso non avanzare leciti dubbi su di un possibile ritocco in fase di editing, ma per questa volta abbuoniamo. Anche qui, però, è impossibile non evidenziare una certa sterilità compositiva causata da un manierismo quasi esasperante. Qui si conclude il disco: allora, ragazzi, il voto che vi do non deve essere visto come una bocciatura incondizionata; certo, i limiti ci sono, per esempio l'eccessiva durata delle canzoni, cinque minuti di media, rischiate che l'ascoltatore, ad un certo punto, riesca ad arrivare alla fine trascinandosi a fatica, quindi probabilmente un taglio al minutaggio dei pezzi è più che auspicabile; poi capirete che il genere è ostico, qui siete davanti ad un bivio, o vi date tempo per migliorare tecnicamente in modo da personalizzare la vostra proposta, oppure cercate di inserire delle parti ispirandovi a delle eventuali altre influenze per variare un po' il tema. Quindi un in "bocca al lupo", ma per adesso non me la sento di esprimere un giudizio diverso.
(Ranstrom Gail - Luglio 2009)

Voto: 4


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