DAGON
Ancestral Heritage

Etichetta: autoprodotto
Anno: 2009
Durata: 25 min
Genere: heavy / power metal


Niente da fare, certe cose non passano mai di moda. Siamo nel 2009, i Dagon mi danno la possibilità di ascoltare questo loro primo demo e leggo che in media hanno meno di vent'anni, ma nonostante questo i nomi di riferimento sono sempre i cari vecchi Maiden, Saxon, Manowar, fino ai Deep Purple, Black Sabbath e via dicendo. Quando i componenti di questa band sono venuti al mondo, Steve Harris e soci erano in giro da più di un decennio mentre i Deep Purple avevano già una carriera più che ventennale. Non so come la vedete voi, ma a me sembra una bella cosa che band così giovani siano così attenti alla ricerca del passato.
Certo, c'è sempre il rovescio della medaglia, perchè il rischio è quello di non schiodarsi più da lì, restando sempre a fare il verso ai grandi del passato, senza aggiungere niente, oppure, peggio ancora, finire nel cliché dei gruppi senza personalità, che sanno solo portare avanti uno stereotipo. C'è questo rischio anche per i Dagon? Be', questo lo dirà il tempo, dato che sono giovani e adesso certe ingenuità sono perdonabili: la copertina con il suo stile amatoriale, la spada con l'elsa a forma di drago, i testi ispirati a Tolkien e Lovecraft (perchè sono SEMPRE Tolkien e Lovecraft?), le tastiere pompose e il recitato bruttino di "Prelude To Lunacy". Tutte cose che non vanno, ma tutto sommato marginali: quello che resta sono quattro brani onesti, assolutamente legati ai nomi citati, che però portano avanti con fierezza la tradizione del metallo più classico, come è giusto che sia e come speriamo possa continuare ad essere in futuro. Oltretutto i Dagon mostrano una buona predisposizione, sia a livello strumentale che dal punto di vista degli arrangiamenti, e cercano in effetti di variare la loro scrittura con riff dinamici, un buon lavoro di chitarra e soprattutto un intelligente uso delle tastiere di Domenico Bello (uno dei membri fondatori assieme al chitarrista Francesco Addante). Per esempio vale la pena di citare l'accoppiata di apertura, "March Of Rohirrim" e "Pelennor Fields": il primo è un brano strumentale che ben si sposa con l'atmosfera guerresca del racconto tolkieniano e lascia vedere un bel dialogo tra chitarre e tastiere; il secondo, invece, giocando la carta della classica cavalcata maideniana risulta trascinante e coinvolgente fin dal primo ascolto, pur restando su territori più consueti. L'unica cosa su cui bisogna lavorare, a mio parere, è la parte canora di Emanuele Zampetta, che non sembra a suo agio e pare sforzarsi nel portare a termine le sue linee vocali. Apprezzabilissima, invece, la scelta di utilizzare suoni di hammond per diversi passaggi di tastiera, evitando quelle pacchianate sintetiche che affastellano molte produzioni del genere.
Non male anche "Bloody Holocaust", un brano ispirato a "Il caso di Charles Dexter Ward" di Lovecraft, che funziona con il suo incedere cupo e più sinistro rispetto ai primi due brani. Qualche influenza dei Virgin Steele a mio parere si sente ma questo non è affatto un male. Chiude il demo "Oneiric Temple", un lungo pezzo di 8 minuti, che però si perde un po' per strada dopo un inizio promettente tra organi a canne, chitarre e intrecci strumentali. Forse in questo caso è la lunghezza che frena un po' il risultato finale, segno che ancora è un po' presto per lanciarsi in opere eccessivamente ambiziose.
Per ora, quindi, non abbiamo a che fare con un'opera memorabile, ma sicuramente si tratta di un buon punto di partenza per realizzare qualcosa di migliore in futuro. Il tempo è dalla loro parte e quindi non resta che rimboccarsi le maniche e continuare a lavorare.
(Danny Boodman - Ottobre 2009)

Voto: 7


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