Party.San 2010
12-14 Agosto 2010
Party.San Open Air
Bad Berka (GER)


Dopo circa dieci ore di viaggio notturno in auto (dalle 21.00 di mercoledì alle 6.30-7.00 di giovedì), con tanto di spuntino alle 3 di notte a base di torta di fragole e birra media, raggiungiamo la cittadina di Bad Berka, nella ex DDR. Il tempo non è dei migliori, pioviggina, c'è addirittura la nebbia che arriva dai boschi vicini e circonda l'area del Party.San. Sembra quasi di essere in Transilvania.
Piantiamo le tende, abbandoniamo ogni speranza di rimanere asciutti e ci avviamo al vicino chiosco, fuori dall'area del festival, per pranzare e bere qualche altra birra. La gente continua ad arrivare. Ci accorgiamo subito della scarsissima presenza di italiani (ne avrò incontrati una ventina soltanto, nell'arco dei tre giorni). I tedeschi erano in netta maggioranza (85% almeno), poi c'erano francesi, olandesi, belgi, austriaci, qualche polacco. Dove prima c'era erba inizia a prendere il sopravvento il fango e, in breve, quasi tutto il territorio adibito al festival e al campeggio diventa un'orrenda palude.

I concerti iniziano alle 19.00. I primi a suonare sono i tedeschi Ketzer, gruppo black-thrash che non mi interessa; li ho ascoltati di sfuggita spulciando le bancarelle, non mi hanno lasciato particolari impressioni.
Sui Merrimack nutrivo molta curiosità, ma sono stati una mezza delusione. Hanno suonato bene, ma sembravano poco motivati. Nessuno, tranne forse il bassista, ha cercato di caricare il pubblico. Su CD hanno un impatto nettamente superiore.
I Devourment e i Monstrosity me li sono gustati dalla prima fila. I primi hanno letteralmente spaccato il culo, avevano un muro di distorsione da paura. La chitarra aveva un gain esagerato, ma per quello che doveva fare andava più che bene. Idem per il basso, che aveva solo due effetti: il distorto e l'ultra-distorto, haha. Spettacolare la voce di Mike Majewski, bassissima e potente. Il bassista Chris Andrews non si è fermato un secondo, ha continuato a dimenarsi e schizzare da una parte all'altra. Più che suonare, prendeva a botte il proprio strumento, tanto ci dava dentro. Dopo la prima canzone ha cambiato basso, penso per problemi col volume. Poi si è infilato una maschera da asino (o da cavallo, non ho capito bene) e ha suonato alcuni pezzi con quella. Un altro problema al basso lo costringe a suonare da seduto un brano (tra l'altro, lo stavano suonando per la seconda volta, visto che precedentemente il batterista si era dovuto fermare perché qualcosa non funzionava), al termine del quale prende lo strumento e lo lancia via, incazzatissimo. Complimenti a tutti e quattro, il loro è stato uno degli show più potenti del festival.
I Monstrosity non hanno deluso le aspettative. Ottimo concerto: Mike Hrubovcak è un frontman che sa incitare il pubblico, tutti hanno suonato con grande precisione, i brani proposti erano davvero eccellenti (tra cui uno dal primo album "Imperial Doom"). Gli applausi se li sono meritati in pieno. Peccato che da davanti non si sentisse benissimo: essendo un po' defilato, sentivo bene la chitarra di Mark English, che era di fronte a me, ma non quella del lato opposto.
Con i The Devil's Blood mi prendo una pausa. Suonano un progressive rock/metal di buon livello, a tratti molto atmosferico, con una cantante e un coro di voci femminili. Aiutati dalla coreografia, hanno destato un'impressione senz'altro positiva, anche se a livello strettamente compositivo hanno alcuni margini di miglioramento.
Concludono il primo giorno i Watain. Li guardo per curiosità, ma dopo tre o quattro canzoni me ne vado. Al di là della scenografia fatta con fuochi, fumi e luci principalmente rosse, c'è stato gran poco da salvare. La canzone d'apertura era una serie di cliché heavy-black. Segue una lunga pausa, nel quale il gruppo dedica l'esibizione alla memoria di Jon Nödtveidt (era passata la mezzanotte e il quarto anniversario cadeva proprio quel giorno). Seguono canzoni inconsistenti, banali e mal suonate, per cui preferisco infilarmi nel mio umido sacco a pelo, visto che la notte precedente l'avevo passata in viaggio, dormendo pochissimo.

Giovedì hanno suonato solo sei gruppi; venerdì e sabato, invece, ne sono previsti ben dodici, per cui le esibizioni sono cominciate alle 13.00.
Mi perdo volutamente gli Onheil, gruppo black senz'anima: nulla da segnalare sulla loro performance. Non mi è rimasto nulla in mente delle loro canzoni, che ho ascoltato facendo colazione e inaugurando il giro di birre del nuovo giorno. Un po' meglio i Milking The Goatmachine, artefici di un brutal grind senza infamia e senza lode.
I Lividity hanno sfoggiato un discreto show, brutale e diretto, ma non mi hanno destato particolari impressioni.
Torno a farmi gli affari miei mentre suonano i greci Suicidal Angels, sotto contratto con la Nuclear Blast. Inguardabili. Il primo gruppo veramente interessante della giornata sono gli Origin. La prima intenzione era quella di vedermeli dalle primissime file, ma quando Longstreth ha battuto i primi colpi di doppia cassa mi pareva di essere stato investito da un tornado! Quasi mi ha bloccato la digestione, per cui ho ripiegato indietro di qualche metro. La loro esibizione è stata buona: impeccabile dal punto di vista esecutivo (chitarrista, bassista e batterista sono tutti dei mostri, tutti), penalizzata però da suoni troppo caotici, specie la chitarra, tanto che in certi momenti non riuscivo a distinguere la canzone che stavano suonando. Due cose da rimarcare: la presenza del nuovo singer Mica "Maniac" Meneke, che non mi ha lasciato una particolare impressione (è l'unico dei quattro che non si distingue per doti speciali) e l'anticipazione di un nuovo pezzo, sempre dirompente ma da risentire con dei suoni più curati. Riguardo quest'ultimo, non so come interpretare l'inserimento di un paio di lunghi stacchi di chitarra: forse su disco la presenza di una doppia linea potrebbe cambiarne la fisonomia.
A questo punto dovrebbero suonare gli Ofermod, gruppo black che non mi attira particolarmente, per cui mi faccio qualche birra con gli amici. Invece c'è un cambio di programma e vengono anticipati i turni di Demonical e The Crown. I primi li salto in tronco, comunque li avevo già visti mesi fa, mentre per i The Crown mi va di spendere un po' di tempo. E' da una vita che non li ascolto, precisamente dai tempi di "Crowned In Terror", da cui hanno ripreso la title-track e forse un'altra canzone. Pur non apprezzando il genere, devo dire che hanno fatto pienamente il loro dovere. Bel set, energico e accattivante. Sicuramente non hanno tradito le aspettative di chi li voleva vedere dal vivo.
Dopo di loro salgono sul palco gli Ofermod, gruppo inutile e di poca consistenza. Se non ricordo male, hanno sprecato diversi minuti a loro disposizione con un "om" ripetuto all'inverosimile.
Il finale di giornata è tutto da gustare. Gli Asphyx hanno lasciato il segno con una prestazione sopra le righe, pescando come al solito alcune vecchie chicche. Van Drunen è abile nell'intrattenere il pubblico, però si è rivolto quasi sempre in tedesco, per cui non ho capito nulla di quel che ha detto. Mi sono parsi umili, anche se forse erano tra i più attesi della bill, e questo non fa che accrescere la stima nei loro confronti.
I Dying Fetus hanno messo a ferro e fuoco il palco del Party.San con una performance difficile da descrivere a parole. Non hanno sbagliato una virgola, avevano dei suoni pazzeschi, sembrava di ascoltare un CD tanto erano perfetti. John Gallagher e il bassista Sean Beasley si sono divisi il compito dietro il microfono, ma dei due John è quello dotato di più potenza. Probabilmente sono stati il gruppo che mi ha impressionato di più nel complesso.
Sono costretto a perdermi le prime canzoni dei Sarke perché un simpaticissimo tedesco di origine etiope si mette a parlarci mentre ci eravamo posti sotto un tendone al riparo dalla pioggia. Ci pareva brutto liquidarlo subito, faceva troppo ridere. Gli insegnamo un po' di parolacce e bestemmie in italiano, poi torniamo verso il palco.
Non avevo ancora sentito il gruppo thrash di Nocturno Culto e Sarke, entrambi volti noti in ambito black. Diciamo la verità: non sono una band eccezionale, ma nel complesso mi sono piaciuti. Il loro è un thrash minimale anni '80 con l'aggiunta di parti più ricercate, con tanto di piano, arpeggi e così via. Sicuramente interessanti e da sperimentare anche ascoltando il loro CD. Dal vivo Nocturno Culto ha un modo strano di atteggiarsi, a metà tra un cazzone e un rockettaro. Quello che non t'aspetti, ma in fondo il suo modo di fare ci stava, risultava quasi simpatico. Purtroppo hanno suonato poco, almeno per quel che mi è parso.
Chiudono la serata gli Autopsy, con quella che dovrebbe essere la prima delle due date europee previste per 2010 (l'altra è all'Hole In The Sky Fest). Ha cantato il batterista Chris Reifert, mentre al basso ha fatto la sua comparsa l'intramontabile Danny Lilker (Brutal Truth, Nuclear Assault e tanti altri).
Non mi reputo un fan accanito degli Autopsy, ma il loro grezzume mi ha conquistato. Non hanno neanche provato a chiudere una canzone tutti contemporaneamente, quando finiva un pezzo c'erano sempre fischi, rumori, note fatte a caso... erano troppo fighi. Se su disco non sono raffinati, dal vivo lo sono meno ancora.
Il loro set è stato interminabile, hanno pescato canzoni da album, singoli, addirittura dal primissimo demo del 1987! Sicuramente chi li ama sarà stato ripagato da una scaletta così completa. "In The Grip Of Winter" continua a tornarmi in mente a distanza di giorni.

Sabato pomeriggio inizia alla grande con gli Under That Spell. Al solito, ascolto l'inizio del concerto facendo colazione, ma si sente subito che questo gruppo ha una marcia in più. Divoro la mia crep con banana e crema di vaniglia, trangugio una tazza di cioccolata calda e mi fiondo (si fa per dire, vista l'impraticabilità del terreno) davanti al palco. Che mi crediate o no, sono stati gli Under That Spell a tenere alto il vessillo del black metal qui al Party.San. Se i gruppi precedenti avevano fatto una figura magra, quando non imbarazzante, loro hanno stupito con un'apparizione potente, cattiva e senza compromessi. Non si sono persi in chiacchiere, hanno suonato e basta, proponendo brani gelidi e aggressivi. Figli diretti della scuola norvegese, e per questo poco originali, hanno dalla loro buone doti compositive: i loro brani sono strutturati in maniera coerente, intelligente, lasciano spazio ad quel minimo di varietà che non guasta. I tempi sostenuti la fanno da padrone, ma nella scaletta è stato inserito anche un lento. Ottimi anche i suoni, tutti naturali (il batterista, molto bravo e violento sulle pelli, non ha triggerato nemmeno la cassa). Applausi meritati.
La giornata continua alla grande con gli svedesi Tribulation, autori di un thrash/death/black vecchia scuola concepito per fare male. Riff taglienti, ruvidi e diretti non hanno concesso un attimo di tregua. Eccezionale anche il look dei quattro: cattivi i gemelli Andersson, entrambi con i dredlock, cadaverico il chitarrista Jonathan Hultén e ai limiti dell'anoressia Adam Zaars, chitarrista solista, che a vederlo sembra uno dei Sarcofago ai tempi d'oro, vestito di maglie e jeans ridotte a stracci, capelli incolti e leggermente truccato. Più tardi abbiamo anche avuto l'occasione di scattare qualche foto ricordo con questi quattro ragazzi.
Da qui in poi ci sono una serie di gruppi che non fanno per me: Ghost Brigade, Desaster, Varg e Manegram. Ne approfitto per passare tutte le bancarelle che ancora non avevo visto e fare gli ultimi acquisti.
Alle 19.00 salgono sul palco i Necrophagist. Il loro death ultratecnico e melodico mi ha stufato da tempo, ma sono curioso di vedere se qualcosa è cambiato. In realtà non propongono nessun nuovo brano, nonostante sia trascorso parecchio dalla realizzazione del loro ultimo lavoro. Di conseguenza, il loro show non mi ha coinvolto. Mi sono parsi meno freddi e staccati rispetto alle altre volte che li ho visti, forse perché suonavano in patria, ma in definitiva le perplessità che nutro nei loro confronti sono rimaste invariate.
Decisamente meglio gli Aura Noir, capaci di scuotere i presenti con un black/thrash grezzo e carico di cattiveria. Un dinamico Apollyon si è mosso lungo tutto il palco. Da ricordare l'eccezionale riproposizione del classico "Fight For Hell" e l'entrata sul palco in stampelle di Aggressor, che ha cantato con una prestazione maiuscola il brano conclusivo, senza risparmiare le corde vocali. Prima di andarsene, ha alzato le stampelle, incrociandole a mò di croce rovesciata.
Grandiosi i Napalm Death, capitanati da un Barney che sembrava un adolescente nel pieno delle forze, e per come si muoveva, e per l'aspetto. Incuranti del tempo che passa, hanno dimostrato di essere ancora una delle migliori realtà grindcore. Il loro è stato uno show intensissimo, hanno dato tutto sul palco. Ottima anche la performance di Embury, scatenato. Il pubblico era veramente coinvolto dal quartetto, tanto che la cover "Nazi Punks Fuck Off" dei Dead Kennedys è stata accolta con un'ovazione vera e propria.
La festa continua con i Suffocation, altro gruppone che non delude le aspettative. Sound massiccio, impatto immenso, esecuzione impeccabile. Peccato per la scaletta, incentrata quasi esclusivamente sulle ultime release (è stata proposta solo "Pierced From Within" dall'omonimo album). Altra cosa che non ho apprezzato in pieno, il fatto che Mullen (che, per la cronaca, sembra più un buzzurro palestrato che un cantante death metal) si sia messo a parlare e incitare il pubblico durante gli stacchi di basso, neanche fossero una pausa tra un pezzo e l'altro.
Per il sottoscritto, i Lock Up sono stati una sorpresona. Assieme ai Dying Fetus, si sono contesi la palma di miglior gruppo del Party.San 2010. Hanno scaricato sul palco una violenza allucinante, complice anche una resa sonora eccellente. Lindberg tiene il palco che è una meraviglia, ha l'attitudine e il portamento giusti per questo genere di proposta musicale. Si sposta da un lato all'altro, comunica col pubblico e non si risparmia affatto quando è ora di urlare i testi. Il suo carisma solleva il resto del gruppo dall'attenzione del pubblico, così che risulta tutto più semplice e naturale agli altri. Nonostante questo, Embury (non ancora stanco, dopo l'esibizione coi Napalm Death di un'ora prima) e il nuovo arrivato Anton Reisenegger non sono certo rimasti impassibili e fissi al loro posto, erano belli carichi anche loro. Altro punto di forza del gruppo è l'immenso Mr. Nick Barker alla batteria. Ha scaricato sulle pelli una potenza inaudita. Quando parte in blastbeat non ce n'è per nessuno, raggiunge velocità incredibili e picchia con una veemenza senza eguali. Il gruppo ha anche ricordato la scomparsa del chitarrista Jesse Pintado, scomparso nel 2006, proponendo una cover di "Storm Of Stress" dei Terrorizer.
Siamo giunti in chiusura: è il momento dei Cannibal Corpse. Fisher è un vero animale da palco, scalda il pubblico quando è il momento di introdurre i brani e poi si lancia in un headbanging vorticoso e incessante. Non so che cervicali debba avere quell'uomo per resistere così per un intero concerto! Anche loro hanno goduto di suoni molto potenti e ben bilanciati. Fino al 2006, alla band era vietato eseguire dal vivo canzoni dei primi tre album in Germania. Al Party.San, invece, hanno riproposto alcuni pezzi storici come "I Cum Blood" e l'immancabile "Hammer Smashed Face", un po' accorciata. Acclamate anche "Staring Through The Eyes Of The Dead", "Make Them Suffer" e la conclusiva "Stripped, Raped and Strangled". Hanno saltato qualche brano classico (ad esempio, non hanno suonato nulla di "Vile"), ma in definitiva hanno sfoderato una performance all'altezza della loro fama. Peccato che il pubblico fosse ormai esausto e non ha riservato ai Cannibal l'accoglienza che avrebbero meritato.

Non ha mai piovuto sabato, anzi il sole ha fatto la sua comparsa di quando in quando, per cui il pubblico si è goduto di più i concerti rispetto alla giornata precedente, nella quale si è beccato un sacco di acqua. Così, andiamo a letto con il cielo stellato e la speranza di caricare nella macchina le tende asciutte. La mattina successiva, Bad Berka si conferma come uno dei luoghi più inospitali del pianeta: piove di nuovo, c'è vento e addirittura una nebbia autunnale avvolge il camping. Diverse macchine e furgoni vengono trainati fuori da un trattore, tanto il fango e la melma avevano reso impraticabile il prato e le stradine sterrate. Molti decidono di abbandonare tende, gazebi e quant'altro, assieme a cumuli di sporcizia, cosicché alla fine il luogo assume l'aspetto di una spettrale baraccopoli abbandonata.

Tirando le somme, l'edizione del 2010 del Party.San è stata una gran figata, a patto che uno si adattasse alle condizioni climatiche e a muoversi nel fango. Vi lascio con un po' di considerazioni personali, passando in rassegna gli aspetti positivi e negativi.
Il prezzo in prevendita per i tre giorni era di appena 53.30 euro, davvero allettante se consideriamo quanti bei gruppi ci hanno suonato (e soprattutto se lo paragoniamo ai prezzi di certi festival italiani...). A questo va aggiunto un supplemento di 10 euro per ciascuna macchina, dovuto al fatto che negli anni passati era stata lasciata troppa immondizia nell'area del campeggio.
Ciascun gruppo aveva a disposizione 45 minuti, sia che suonasse nel primo pomeriggio o la sera, e questo ha permesso a gruppi abbastanza sconosciuti di mettersi in luce. Solo l'ultima band del giorno aveva a disposizione un'ora (poi probabilmente si è andati anche oltre, come nel caso degli Autopsy, ma loro erano gli headliner).
C'era un unico palco, così non si doveva continuare a spostarsi da un posto all'altro per assistere ai concerti. Inoltre gli avvicendamenti erano molto veloci, avvenivano nell'arco di un quarto d'ora circa.
L'impianto era molto potente e buona parte dei gruppi ha goduto di suoni all'altezza, se non ottimi.
Si poteva scegliere tra tante bancarelle e chioschetti dove mangiare, per cui non si doveva mai aspettare più di qualche minuto. Inolte, si variava dai classici piatti tedeschi alla cucina thailandese, dai dolci al pollo allo spiedo. I prezzi erano più che buoni (con meno di 5 euro uno era sazio per buona parte della giornata), compresi quelli delle bevande (2 euro la birra da 0.4 l, per giunta buona), così la gente poteva divertirsi senza spendere un'esagerazione.
Anche le bancarelle di CD, vinili e merchandise vario erano numerose e ben fornite, infatti ho comprato un sacco di roba. I prezzi erano nella media.
L'organizzazione in generale è stata buona. Ad esempio, io ho comprato il biglietto in prevendita i primi di agosto, ma non mi è arrivato in tempo. Intuendo la cosa, ho contattato la persona di riferimento con un paio di giorni di anticipo e gli ho esposto il problema. Una volta arrivato al Party.San, mi è bastato esibire il mio ordine stampato e un documento di riconoscimento alla rivendita perché mi dessero un biglietto, senza nessun costo aggiuntivo.

Veniamo alle note negative. Viste le previsioni climatiche e la pioggia che ha reso il terreno impraticabile già dopo le prime ore, si sarebbe dovuto intervenire buttando almeno della paglia, per arginare un po' il fango. Invece, ho visto che hanno portato solo del truciolato in un paio di punti e giusto davanti al palco, ma il 99% dell'area è diventata una palude melmosa. Fondamentalmente è stata questa l'unica grossa mancanza da parte degli organizzatori. Per come era la situazione, gli spostamenti diventavano faticosi e lunghi (bisognava stare attenti a dove mettere i piedi, a volte ci si incollava al terreno, era come cercare di attraversare le sabbie mobili). Questa situazione ha sfibrato il pubblico: c'è stato un po' di pogo il primo giorno, poi sempre meno (addirittura coi Cannibal Corpse quasi nessuno si è mosso!).
Inoltre, non c'era posto dove sedersi. Pochissime panche sotto il tendone più grande, qualche tavolino davanti ai chioschi. Ovvio che la gente era stanchissima a fine giornata.
Altro aspetto che si potrebbe migliorare riguarda i bagni: quelli puliti, a pagamento, erano pochi e localizzati in mezzo al campeggio, lontani dall'area concerti. La mattina c'era da aspettare anche 20 minuti e oltre per accedervi. Infine, si poteva gestire meglio la raccolta dei rifiuti, magari ripagando chi utilizzava i sacchetti che distribuivano in entrata, un po' come si fa con la cauzione per i bicchieri di plastica.

Concludo qua, mi sembra di aver detto tutto. Se i gruppi saranno interessanti anche l'anno prossimo, non escludo di tornarci. In fin dei conti, è stata un'esperienza molto positiva.
(BRN - Agosto 2010)