THRONE OF AHAZ
Nifelheim

Etichetta: House Of Kicks Records / No Fashion Records
Anno: 1995
Durata: 37 min
Genere: black metal


Il 1991 è stato un anno fondamentale e particolare per la storia del black metal. Il fumo satanico che, di lì a poco, avrebbe oscurato il cielo della Norvegia con i suoi roghi di chiese, stava contaminando con il suo lezzo anche la vicina Svezia. Grazie agli scambi epistolari tra i gruppi underground, ai pettegolezzi ed alla circolazione di svariate fanzine, la macabra ideologia del black metal norvegese stava costruendo ponti sempre più solidi tra Oslo e Stoccolma. In particolare, il suicidio di Dead, il cantante dei Mayhem, avvenuto l'8 aprile del 1991, aveva suscitato una grande impressione tra i giovani metallari svedesi. In primo luogo perchè Dead era di nazionalità svedese, ed era già piuttosto conosciuto nell'underground nazionale grazie al suo lavoro con i Morbid. Inoltre, i Mayhem erano in possesso di una fama sinistra già prima di questo tragico evento, ed il suicidio del cantante non ha fatto altro che rendere ancora più potente e penetrante questa immagine, suscitando una curiosità ed un fascino perverso su tanti giovani in cerca di emozioni estreme.
Proprio nel 1991, nella cittadina di Umeå, in Svezia, si sono formati i Throne Of Ahaz. In origine, non si chiamavano così. Ma, all'atto della pubblicazione del loro primo demo "At The Mountains Of Northern Darkness" (1992), il moniker del gruppo era già quello definitivo.
"At The Mountain Of Northern Storms" è stato registrato tra il 13 ed il 14 giugno del 1992. Ovvero qualche giorno dopo l'incendio della chiesa di Fantoft, in Norvegia: il primo atto terroristico di grande risonanza ad opera del Circolo Nero, attuato da Varg Vikernes, noto nella scena per il suo progetto musicale Burzum.
Il demo, pubblicato con due diverse copertine (la prima non è mai piaciuta molto agli artisti), conteneva quattro canzoni: "My Kingdom Is Eternal", "The Calling Blaze", "At The Mountains Of Northern Storms" e "Under A Fullmoon Night". In seguito alla sua pubblicazione, i Throne Of Ahaz (il cui nome è stato scelto da Kalle, uno dei componenti della band, che l'ha trovato in un libro, secondo il quale Ahaz sarebbe il nome di un demone), hanno tenuto dei concerti, tutti in locali piccoli e davanti a spettatori annoiati. Ben più efficaci si sono rivelate, successivamente, le date assieme a gruppi di Umeå quali i Nocturnal Rites ed i Moral Decay.
Riguardo all'ideologia del gruppo ai tempi della pubblicazione del demo, mi rifaccio all'intervista che Fredrik ha rilasciato, nel 1992, alla fanzine Psychopathological: "Non c'è nulla di sbagliato nel satanismo, ma molti credono di essere ciò che in realtà non sono affatto. Io sono più interessato alle religione pagane, agli dei che i Vichinghi adoravano. Dobbiamo seguire il richiamo dell'Uomo-Da-Un-Occhio-Solo". E' evidente quindi che, già nel 1992, i Throne Of Ahaz si sentivano affascinati dalle tematiche nordiche e vichinghe, che larga parte giocheranno qualche tempo dopo sugli sviluppi del black metal.
A dire il vero, il demo "At The Mountains Of Northern Storms" era stato anticipato da una cassetta di prove, che ha circolato solo nei circuiti di tape-trading. Ho scritto questo perchè, successivamente, i Throne Of Ahaz ripeteranno questa operazione: un'altra cassetta di prove ha circolato tra gli appassionati nel 1993. E proprio in quell'anno, i Throne Of Ahaz sono entrati nello studio U.M.T. per registrare il loro album d'esordio. Le registrazioni hanno avuto luogo dal 18 al 23 marzo del 1993, sotto la supervisione di Olle Ronnlund.
All'atto della registrazione, i Throne Of Ahaz erano un trio. Alla voce si dilettava Beretorn, ovvero Fredrik Jacobsson, attivo anche nel gruppo death Disorge e che in futuro militerà negli Ancient Wisdom. Alla chitarra c'era invece Whortael (Niklas Svensson), già nei Decortication, che presterà il suo talento anche a Gates Of Ishtar, The Everdawn e The Moaning. Il ruolo di bassista era infine ricoperto da Taurtheim (Kalle Bondesson). Per le registrazioni del loro disco d'esordio, i Throne Of Ahaz si sono avvalsi dell'aiuto di un batterista ospite, Johan Moritz, compagno di Frederik nei Disorge, ma anche nei Ravaged, e futuro batterista ospite anche nei Naglfar.
La prima edizione del CD, pubblicata dalla House Of Kicks Records, ha una copertina in bianco e nero veramente semplice. Vi è il classico simbolo vichingo del martello, sormontato da una figura diabolica, con ali di pipistrello. Un curioso connubio tra immaginario satanico e tentazioni vichinghe. Il libretto, ripiegato su sè stesso, si spiega in un unico foglio contenente tutti i testi ed i ringraziamenti dei musicisti. Nel retro del CD, vi è una foto dei musicisti in corpsepaint, pieni di borchie, catene e cinture di proiettili.
Il disco è aperto da "Northern Thrones". La qualità di registrazione è sorprendentemente buona. La chitarra, zanzarosa come da copione, è ben accompagnata da una sezione ritmica precisa e sicura. Lo strillo di Beretorn è acuto e devastante. La struttura del brano è semplice, ma molto coinvolgente. La lezione di certo black norvegese è evidente nell'utilizzo ad oltranza di successioni armoniche, anzichè di riff veri e propri. Vengono create così sovrapposizioni di note molto oscure e negative. La parte centrale del brano è invece caratterizzata da un'incedere più severo e stuzzicante, prima della ripresa del tema principale. Il testo raggiunge vertici di epicità quali: "Tengo alta la mia spada... / E ho bevuto il sangue sulla sua lama fredda / In un ciclone di Desiderio Infernale / gli Antichi Guerrieri Nordici si stanno rialzando".
"An Arctic Star Of Blackness" è sicuramente uno dei vertici dell'album, grazie ad una cattiveria strisciante, che prende vita da accelerazioni brucianti in blastbeat, e passaggi più moderati ma carichi di tensione. Si tratta di una composizione black tipica di quegli anni, ma efficace ancora oggi per la sua bellezza. Molto equilibrata, perfetta in ogni sua parte, ci dimostra il valore dei Throne Of Ahaz, elevato in considerazione della data di pubblicazione dell'album.
"Where The Ancient Lords Gather" parte con un riffing lento e fiero, che presto torna sui consueti territori carichi di astio e negatività. Il suono è gelido, distante, minimale nella sua costruzione. Ma proprio per questo reca in sè il marchio indelebile ed affascinante di una stagione musicale irripetibile. E' da sottolineare il potenziale melodico dei nostri, che va a braccetto con la già citata produzione di ottimo livello. Anche il testo, maestoso e retorico come al solito, ha una sua bellezza. La seconda parte è più spedita, e procede per accelerazione, prima di arrestarsi su riff lenti, e su un buon numero di variazioni successive. Anche questa canzone è un piccolo gioiello, che compensa la facilità di esecuzione con una struttura piuttosto varia.
Malata e perversa, "The Dawn Of War" parte con un'incedere doomeggiante, presto arricchito da una melodia carica di tristezza. Addirittura, i toni si fanno più soft per lasciare qualche battuta ai soli basso e batteria. Indice questo di una ricercatezza compositiva non comune, per un giovane gruppo black. La canzone, poco per volta, giunge ad un'accelerazione rabbiosa, però non perde mai, nemmeno per un istante, i suoi toni cupi e marci, che la rendono così odiosa, così priva da empatia da risultare quasi geniale: "Questa è stata la Tempesta Nordica / Portata avanti dal Loro Odio / Questa è stata l'alba del Loro ritorno / Badate... L'Alba della Guerra".
Ecco ora "Nifelheim", una canzone che riuscirà a promuovere i Throne Of Ahaz, dato che apparirà nella compilation "Blackend - The Black Metal Compilation Volume 1", pubblicata dalla Triple Records. Aperta dalle note del basso, e dal soffiare gelido dei venti, "Nifelheim" si rivela un inno sin dal primo ascolto. Procede decisa nonostante non faccia della velocità il suo punto di forza. Solo nel finale il ritmo accelera decisamente. Si tratta di un brano multiforme, bellissimo in ogni sua parte, che ricorda molto i DarkThrone di "A Blaze In The Northern Sky" (tra l'altro, un'influenza riconosciuta dagli stessi musicisti). Grande canzone.
Anche "The Calling Blaze" riempie gli animi di spirito epico, e li fa gelare sulla superficie dei ghiacci nordici. Anche qui, come già in precedenza, sembrano affiorare lievi reminiscenze death, ma in maniera quasi impercettibile. I Throne Of Ahaz suonano black metal, e lo fanno con tutti i criteri, con uno stile davvero maturo ed intrigante. La chitarra di Whortael dà vita a riff di ottima fattura, tutti all'insegna del male più genuino.
Una tastiera imprevista apre "A Winter Chant", traccia che contribuisce ad innalzare il valore di questo album. Infatti, il tipo di riff, molto personale, sancisce in maniera definitiva il talento dei nostri. In questo caso, le cadenze death metal sono più che una semplice influenza. Anzi, sarebbe più corretto considerarle doom/death. Ma è l'attitudine ad essere black, ed il suono d'assieme di questo gruppo formidabile. Con una formula più volte collaudata, i musicisti danno vita da una prima parte lenta, ricca di suspence, che verso la fine si evolve in un'accelerazione bruciante. Finale lento e privo di speranze.
"The Kings That Were..." è l'ultima canzone di questo disco. In un certo senso, questa canzone potrebbe essere considerata la gemella di "Nothern Thrones". La partenza zanzarosa, sorretta da un blastbeat incontrollabile, sono molto simili. Le due canzoni aprono e chiudono il CD come la copertina di un libro. E' una composizione di alto livello, potentissima, che porta con sè tutta l'intensita del genere nero per eccellenza. Ci sono anche sezioni più lente, ma è ormai chiaro che i Throne Of Ahaz non si accontentino di strutture banali. Anche la scelta dei riff e delle melodie non può essere criticata, ma solo elogiata. "The Kings That Were..." chiude nel miglior modo possibile un disco perfetto. Molto belle anche le parole conclusive del suo testo, accompagnate tra l'altro da una tastiera: "Lampi neri di Dei che ritornano, colpiscono il cielo / Un Trono di Desiderio è stato costruito, un Trono di Potenza / Li ho visti evocare sotto la Luna / E sono affogato nei loro Occhi... così neri e freddi / Così neri e freddi...".
"Nifelheim", questo capolavoro black, ha avuto in seguito un destino avverso. Nonostante fosse già pronto nel 1993, la House Of Kicks/No Fashion Records ha atteso fino al 1995 prima di pubblicarlo. Alla sua uscita, "Nifelheim" si è ritrovato catapultato in un mercato che stava ormai esaurendo le potenzialità del black metal, dopo averlo esaltato per qualche stagione. Ormai, il black metal sinfonico e melodico era al suo apice, ed il black ortodosso era ormai considerato obsoleto, un genere di nicchia. La crudeltà del mercato discografico, il suo sfruttamento dei generi ha fatto sì che "Nifelheim" sembrasse un disco "vecchio", al momento della sua uscita. Perfettamente al passo coi tempi durante le sue registrazioni, questo album non ha goduto dell'interesse che avrebbe meritato. Perchè si tratta di un vero e proprio gioiello di arte nera. Nel 1993, i Throne Of Ahaz erano uno dei gruppi più talentuosi della Svezia, ed il caso ha voluto che non ottenessero il successo che avrebbero meritato.
La loro carriera terminerà nel 1996, con il pur ottimo "On Twilight Enthroned". Ma questa è un'altra storia.
(Hellvis - Settembre 2009)

Voto: 8