TANK
War Machine

Etichetta: Metal Mind
Anno: 2010
Durata: 51 min
Genere: NWOBHM


La fortuna che hanno fatto gli Iron Maiden è sfuggita alle mani di tante, forse troppe realtà che hanno mosso i primi passi nei primi anni '80 nel Regno Unito; la NWOBHM è stato indubbiamente un susseguirsi di eventi epocali, che hanno portato alla luce una miriade di band, tutte con qualcosa da dire e dimostrare, che hanno dato un taglio ed una svolta alla "musica dura" che fino a quel momento aveva costituito le basi e fondamenta del metal. Fra le band dimenticate, o quantomeno che non sono riuscite a raggiungere nel corso degli anni la popolarità di formazioni come i Motorhead (ai quali sono stati spesso paragonati) e la già citata vergine di ferro, più pochi altri eletti, non possono mancare i Tank. Certamente ai più verrà automatico indirizzare i propri pensieri verso quell'album seminale che porta il titolo di "This Means War" (1983), forse il capolavoro, nonché gioiello di estrema beltà della formazione all'epoca capitanata e diretta da Algy Ward, già balzato in precedenza agli onori della cronaca con la punk band The Damned. Una line up nuovamente rinnovata, che per la prima volta non conta tra le file lo stesso Algy Ward (si parla di una decade di inattività da parte sua, e problemi di salute che lo hanno tenuto lontano e continuano a tenerlo lontano dal palco), ma vede spuntare dietro al microfono l'ugola di Doogie White (prima nei Rainbow e con Malmsteen, di certo non un debuttante), Chris Dale al basso (precedentemente con la band di Bruce Dickinson), Dave Cavill alla batteria (ex Zodiac Mindwarp e Deeds, in passato Dirty Deeds, non a caso fra i preferiti di Mr. Steve Harris, che li aveva prodotti con la sua Beast Records), che si affiancano alle due asce storiche Mick Tucker e Cliff Evans, nel combo rispettivamente dal 1983 e dal 1984.
I Tank tornano dopo 8 anni di silenzio discografico da "Still At War", datato 2002, con un album che non suona fresco, non suona originale, ma maledettamente retrò e poco incline a spostarsi dalla strada intrapresa dai nostri dall'esordio, o almeno dopo aver abbandonato i primigeni connotati punk dell'esordio "Filth Hounds Of Hades" e del successivo "Power Of The Hunter". Già, perché "War Machine", uscito sul finire del 2010 per la polacca Metal Mind, mai sazia di vecchie glorie nuovamente balzate sulle scene, è il prototipo di album heavy metal, una sorta di manuale per quanti ancora trovano in quelle melodie e quei riff abusati, tutto quello di cui necessitano per continuare ad entusiasmarsi come facevano un tempo, un piacevole ritorno alle origini insomma. Per i più giovani, una lezione di stile e di caparbietà, che non fa mai male.
Sono 9 le tracce di "War Machine", per la consistente durata di 51 minuti, e non paghi di tutto, l'edizione limitata comprende anche 2 bonus track; a brani migliori del lotto si candidano in particolare le composizioni più dirette e veloci, up tempo che rimandano ai primissimi anni '80, senza nulla togliere ai brani più cadenzati, che in ogni occasione offrono melodie eteree e senza tempo, con "sofferte" interpretazioni vocali di Doogie White a sottolinearne la maestosità. Certo è che "Phoenix Rising", con quel refrain giocato sulle chitarre di Tucker ed Evans che si intrecciano con leggiadria, "Great Expectations" con il suo incedere fortemente hard rock e "The Last Laugh", con un bridge dal sapore quasi epico ed assoli al fulmicotone in pieno stile NWOBHM, non faticano a provocare nell'ascoltatore coinvolgimento e partecipazione. L'evocativa titletrack, la sognante "After All", con quella chitarra pulita melanconica ravvivata da solos caldi, classici ma dannatamente perfetti ed al loro posto, e l'anthemica "World Without Pity" (per fare un paragone famoso, molto Black Sabbath periodo Dio) completano un quadro già di per sé completo, proiettando nuovamente i Tank sui più alti lidi del metal inglese.
Inutile perdersi in altri giri di parole, tanto quanto è inutile suggerire l'acquisto di questo platter a chiunque; non tutti riescono ad apprezzare questo stretto legame col passato, anche se a proporlo sono le stesse band che hanno fatto la storia della musica metal. I Tank continuano imperterriti su una strada che hanno contribuito a tracciare, scrivendo un'ulteriore pagina della loro esistenza e marchiandola a ferro e fuoco con quel sapore heavy che probabilmente mai li abbandonerà, e mai i supporter più accaniti chiederanno di cambiare. Un lavoro onesto se osservato con occhi critici, un lavoro esaltante se osservato con occhi da appassionato; mi inserisco nella seconda cerchia, e sulle note dei loro classici così come dei grandiosi brani di "War Machine", mi auguro un nuovo ritorno nel più breve arco di tempo possibile, supporto!
(PaulThrash - Febbraio 2011)

Voto: 7.5


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