S:T ERIK
From Under The Tarn
Etichetta: Solitude Prod.
Anno: 2009
Durata: 48 min
Genere: doom metal
Vent'anni fa, il doom metal era un genere per pochi. Alcuni lo
trovavano troppo vecchio, troppo sabbathiano. Altri invece preferivano
considerarlo parte del movimento allora in auge dello stoner, come se
questa cosa lo nobilitasse. Ricordo che un amico di mio fratello aveva
bollato i Cathedral come "troppo metal"; un amico mio, invece, aveva
definito stoner i Saint Vitus, poichè "doom metal" suonava male. Queste
due persone erano metallari, ovviamente. Ma anche in ambiente metal, il
doom non stava certo meglio: anzi, il termine veniva spesso usato a
sproposito per il gothic. Tutto ciò che si rifaceva ai Black Sabbath o
ai Pentagram (o, in casa nostra, a Paul Chain) era messo immediatamente
in disparte, a meno che non provenisse dai deserti degli Stati Uniti.
Ai giorni nostri, il doom si è preso una bella rivincita. Da
genere per sfigati, ora è diventato praticamente di moda. Magari
mescolato con lo stoner, con lo sludge, e così via. Però, quei riff
fangosi, quelle ritmiche pesanti ed ostinate, quesi suoni cupi e
sulfurei stanno conquistando sempre più cuori metallici. Anche i cuori
di quelle persone che, vent'anni fa, ci avevano spalato fango sopra.
Tutta questa platea di amanti del doom, non potrà che gioire
dell'album d'esordio degli svedesi S:T Erik. "From Under The Tarn" è
stato pubblicato a due anni di distanza dal demo "Upsala", e celebra il
terzo anno di attività del quintetto.
La copertina consiste nel primo piano di un occhio spalancato. Nel
retro del libretto, le palpebre sono chiuse. Nelle sue otto facciate,
troviamo invece lo spazio cosmico come sfondo, con i testi scritti in
basso, quasi nascosti. Ci sono anche le informazioni relative alla
registrazione, dalle quali scopriamo che "From Under The Tarn" è stato
inciso dalla seguente formazione: Erik Nordström al basso ed alla voce,
Tomas Eriksson e Magnus Wikmark alle chitarre, Fredrik Aspelin alla
batteria e Mats Norman ai sintetizzatori. Alla realizzazione di questo
lavoro hanno contribuito gli ospiti Billie Lindhal (dei Promise And The
Monster, alla voce), Kristofer Jönsen (cetra) e Martin Sondström (dei
Jeniferever, alla chitarra).
"From Under The Tarn" dura 48 minuti, suddivisi in cinque tracce.
La più corta, si aggira attorno ai sette minuti; la più lunga, supera i
tredici. E, come ho avuto modo di farvi intendere nei paragrafi
introduttivi, i S:T Erik suonano doom metal. Anzi, doom metal cosmico.
Infatti, la loro musica accoglie in sè suggestioni spaziali,
psichedelico-fantascientifiche. Insomma, "From Under The Tarn" è un
viaggio psichedelico capace di portarci, con la mente, fino allo spazio
più profondo.
La proposta musicale dei nostri, molto tradizionale nel suo complesso,
è resa moderna dalla registrazione cristallina e potente. Per il resto,
saltano all'orecchio tante suggestioni fine anni '60 - inizio '70,
mescolate a riff possenti e testardi di chiara scuola Black Sabbath. A
meno che queste evoluzioni spaziali-psichedeliche non siano influenze
di seconda mano, mutuate dallo stoner più lisergico e riinserite nel
loro contesto originale. Che si voglia essere critici o meno, comunque,
c'è una cosa che non può essere messa in discussione: la formula
musicale creata dai nostri funziona. Le canzoni sono tutte
appassionanti, ben realizzate, equilibrate e coinvolgenti. Le cito
tutte, tanto il loro valore è simile: "Goddess", "The Search", "Your
Highness", "Black Wall" e "Swan Song". Tra tutte, "Swan Song" e "The
Search" sono le più lunghe e creative, la seconda di queste
impreziosita dal bel contributo vocale della cantante Billie Lindahl.
Scendendo maggiormente nei particolari, uno dei punti di forza del
gruppo è sicuramente la scelta dei suoni. Gli arrangiamenti sono
perfetti, in particolare la scelta timbrica delle chitarre, compressa e
marcia. La sezione ritmica non perde un colpo, ed il sintetizzatore
contribuisce allo spessore del suono. Ed è fondamentale nel ricreare
delle atmosfere mezzo acide, mezzo sci-fi. La voce di Erik non è
eccezionale, ma il suo timbro pulito è perfettamente funzionale per il
genere. Anzi, l'esclusione di qualsiasi vocalizzo distorto sancisce
l'adesione dei S:T Erik al doom più classico.
L'abilità strumentale dei musicisti è indiscutibile, così come la loro
professionalità. Un certo talento nello scrivere canzoni fa sì che la
musica dei S:T Erik non sia mai noiosa, ma riesca ad essere avvincente
in barba ai minutaggi massicci. In più, comunicano la sensazione che
dal vivo il quintetto sia una forza.
Tra i limiti del gruppo, il fatto di essere molto derivativi.
Certo, i S:T Erik hanno una loro identità, ma fanno anche incetta di
clichè. La loro musica può ricordare, escludendo gli ovvi gruppi di
riferimento per la genesi del doom metal, band quali Electric Wizard,
Acrinomy, OM, i nostri Ufomammut, Acid King, qualcosa degli High On
Fire, e così via. Penso che questi nomi bastino per farvi un'idea dello
stile musicale dei nostri. A questo, però, aggiungete che si tratta di
una pubblicazione della Solitude, che di norma è garanzia di qualità.
Di conseguenza, fate il vostro calcolo tra songwriting non
originalissimo e valore del disco. Che è elevato, per la precisione.
Dunque, ritornando al mio discorso iniziale, c'è tanta ipocrisia
in questa rivalutazione del doom, che ritroviamo un po' ovunque. Ma è
anche un bene che il genere goda del suo revival, perchè questo dà
l'occasione non solo di riscoprire dei classici dimenticati, ma
permette anche a gruppi nuovi di mostrare tutto il loro valore. Come
nel caso dei S:T Erik.
(Hellvis - Febbraio 2010)
Voto: 7.5
Contatti:
Sito S:T Erik: http://www.myspace.com/sterik
Sito Solitude Prod. :http://solitude-prod.com/