SHW
E-Life

Etichetta: Incipit Recordings / Alkemist Fanatix
Anno: 2008
Durata: 39 min
Genere: rock/new wave


La proposta degli SHW risulta in fondo alquanto particolare; suoni essenzialmente scarni, poco compressi e dilatati, passando velocemente da partiture e vocals al limite della dissonanza, a chorus molto aperti, circolari e dalle melodie orecchiabili. Ascolto che di primo acchito potrebbe sembrare banale, ma che invece racchiude profonde reminiscenze ottantiane, vicine alla new wave ed ai numerosi gruppi inglesi ancor più vicini al pop dell'epoca. Buon esempio ne è "A Black Hole In The Room Beside", brano costruito interamente nell'attesa e nella preparazione ai chorus, assolutamente melodici e convincenti e dove, alla lontana, si riscontrano piacevoli assonanze verso i The Cult di "Electric".
"Nozomi (Planet B)" cresce molto lentamente; l'inizio è pacato, flebile e quasi riverente per poi, con il passare dei minuti e l'entrata in gioco di sonorità più corpose, acquisisce maggior coscienza di se, ritmo e consistenza, senza mai tradire le profonde reminiscenze pop-oriented. Notevoli poi, le atmosfere di tastiera e sinth, punteggiate pregevolmente dalle chitarre. In " 8 Bit Man" le chitarre divengono piacevolmente protagoniste; non si eccede mai in durezza o corposità, rimanendo sempre e comunque entro ambiti dark, pop-rock. Le plettrate sono sempre leggere e scorrevoli ed i suoni risultano molto avvolgenti e plumbei; interessanti le linee vocali, spesso accostabili per timbrica e melodicità a Bono Vox degli U2.
"Agape" è caratterizzato da un riff portante davvero ficcante ed interessante, che non può far altro che entrarti in testa; echi di Muse fuoriescono da ogni dove, sia per le enormi potenzialità evocative proposte che per quel profondo senso di magnificenza latente. Ennesima buona prova del vocalist, capace di coinvolgere ed intrattenere, attraverso l'uso di linee vocali solo all'apparenza banali, ma ricche invece di pathos interpretativo e feeling. Mentre la title-track scorre piacevolmente senza nulla togliere od aggiungere al tutto, tocca a "Doubts" rialzare un poco i toni; ritmiche interessantissime, basate su intense linee di basso e riff di chitarra leggermente graffianti e sostenuti. Le atmosfere rimangono soffuse e sognanti, salvo lievi stacchi, leggermente più vigorosi, in corrispondenza dei chorus, ancora una volta il pezzo forte del brano; intensi, evocativi e penetranti. Anche in "Quiet Desperation" le coordinate sonore non mutano eccessivamente; non fosse per un maggior vigore esecutivo e per numerosi cambi improvvisi d'atmosfera, tanto da creare veri e propri sbalzi d'intensità, atti ad avvicinare ancora una volta i nostri ai Muse.
L'ultimo brano in scaletta, "Old Misty Giants", è introdotto dal basso e da tastiere spaziali; un poco più spigoloso e meno orecchiabile dei pezzi precedenti, grazie a riff di chitarra più asciutti e ficcanti ed a linee vocali meno immediate. Melodie dissonanti caratterizzano i bridge ed i ritornelli, rendendo il tutto come in sospeso ed in attesa di dover, poter, esplodere; cosa che però non avviene, lasciando un poco a bocca asciutta. Strano e particolare. La proposta musicale dei nostri non ha proprio niente da spartire con il metal e con tutti i suoi derivati, sfiorando solo in qualche occasione lievi risonanze hard rock; ci si muove in ambiti essenzialmente pop oriented, arricchiti da brevi schegge new wave, british sound e rock, per una commistione interessante e dai buoni colpi in canna, che non è consigliabile a tutti gli ascoltatori, ma solo a chi è capace di andare oltre certi conformismi sonori e che non tende a ragionare esclusivamente per categorie, preferendo cogliere il buono in ogni singola nota o passaggio musicale, senza alcun pressappochismo o giudizio preventivo di sorta.
(Pasa - Giugno 2010)

Voto: 6.5


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