REMEMBRANCES
Crystal Tears

Etichetta: autoprodotto / Alkemist Fanatix
Anno: 2009
Durata: 57 min
Genere: gothic metal


"Crystal Tears" è il primo album dei Remembrances, gruppo spagnolo nato nel 2003 dall'unione del chitarrista Antonio Lopez e della cantante Haydée Mariñoso, che si cimenta in un gothic metal di chiara derivazione Lacuna Coil, vecchi The Gathering e Theatre Of Tragedy. Dispiace dirlo, ma ancora una volta potrei prendere una delle decine di recensioni che ho fatto su questo genere, sostituire il nome della band di turno con quello dei Remembrances e nessuno si accorgerebbe di niente: credo che siano pochi i generi in cui compaiono così tante band assolutamente involute e cristallizzate su quelli che ormai possono essere definiti solo come cliché. Dovrei ancora una volta citarvi il contrasto di luci ed ombre tra la musica aggressiva (più o meno...) e la voce angelicata della cantante? O forse preferite che vi parli delle ritmiche più gravi che si intrecciano con costruzioni di tastiere che sanno di romanticismo e malinconica grandeur, ora con il suono leggero di un pianoforte, ora con spaziosi interventi di archi? Sinceramente, se avete una vaga infarinatura del genere (non serve di più, ve lo assicuro), tutto questo ormai lo sapete a menadito.
Allora volete che saltiamo direttamente questa parte e andiamo a vedere nello specifico la qualità delle canzoni dei Remembrances? In fondo se manca la personalità, c'è sempre la speranza che il livello di scrittura sia tale da poter compensare almeno in parte il carattere derivativo dell'opera. Purtroppo però non ci sono buone notizie nemmeno su questo fronte: i riff sono piatti e noiosi, senza dinamismo e profondità; la sezione ritmica si limita a dettare il tempo con minimi interventi di fantasia e anche la voce di Haydée, che pure non è brutta, continua ad ammiccare con sdolcinata melensaggine (ascoltare "Silent Night" mi ha fatto venire in mente la sigla di un manga per ragazzine... colpa alche del timbro della cantante che ha un qualcosa di orientale). Infine abbiamo le tastiere e qui credo si raggiunga l'abisso, con sempre le stesse quattro strutture, i soliti tappetoni che seguono pari pari le chitarre, i soliti giri di pianoforte, oltretutto suonati malino...
Solitamente nelle recensioni cerco di sottolineare i brani più interessanti, ma qui mi sembra veramente di sparare nel mucchio cercando di beccare qualcosa di discreto, perlomeno. Proviamoci... Posso dire che, almeno, l'ascolto di "Lagoon" e "Dance Of Vision" non mi ha lasciato del tutto indifferente: i due brani sono collegati in quando il primo è una lunga introduzione pianistica al secondo, che si rivela essere un pezzo più malinconico e triste degli altri, riuscendo a sfiorare quelle corde emotive che dovrebbero essere la base di composizioni come questa.
Niente, mi spiace, ma mi rendo conto che sto tergiversando giusto per cercare di trovare qualcosa a cui appigliarmi per parlare in maniera decente di questo lavoro: sfortunatamente non riesco davvero ad aggiungere altro, quindi credo sia inutile andare avanti. Per quanto mi riguarda non ci sono buoni motivi per comprare questo CD e quindi vi consiglierei di indirizzarvi su altre proposte, che non mancano di certo in questo genere.
(Danny Boodman - Dicembre 2009)

Voto: 5


Contatti:
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