PEST (FIN)
Hail The Black Metal Wolves Of Belial
Etichetta: Blood Fire Death / Vinland Winds
Anno: 1999
Durata: 47 min
Genere: old school black metal
Amanti degli anni '80, fatevi avanti! In tempi come questi in cui si
parla a vanvera di ritorno alle origini per quanto riguarda il black
metal, vi invito a riesumare (termine più che mai appropriato)
quest'album dei finlandesi Pest, da non confondere con gli omonimi
tedeschi e svedesi (altro gruppo che ha stravolto le proprie sonorità
dall'oggi al domani, alla faccia del "io suono black e delle mode me ne
infischio") . La terra dei mille laghi è sicuramente la nazione meno
prolifica del terzetto scandinavo ma ha sempre sfornato band che si
distinguono per una vena di pazzia che in Norvegia e Svezia se la
sognano (se non vi bastano i Beherit vi rimando ai folli Impaled
Nazarene): tra queste vi segnalo anche questi Pest, che non passeranno
di certo alla storia, ma che secondo me spazzano via in un sol colpo
tante band che si proclamano "old-school", spesso inopportunamente.
Ormai dieci anni fa questo combo si permise il lusso di compilare
(visto che si tratta di brani vecchi e di qualche inedito) questa
manciata di canzoni "più anni ottanta degli anni ottanta stessi" di
puro black metal, tra l'altro in un periodo (anno domini 1999) in cui
il genere cominciava a virare verso lidi sinfonici o avanguardistici, e
che faranno meditare tanti nostalgici dell'ultim'ora. Capitanati da un
certo Satanic Warmaster che avrebbe fatto fortuna anni dopo con
l'omonimo progetto, i Pest corrompono le nostre orecchie mettendo in
musica la loro adorazione al maligno e forgiando 9 brani sulfurei e
oscuri: ad aprire le nefandezze ci pensa "The Black Forest", mid-tempo
infernale con tanto di introduzione con campionamenti di versi di
caproni e tastiere che sembrano invocare il principe delle tenebre,
brano all'atmosfera plumbea, nera come la pece. L'orgasmo orgiastico
procede con la venomiana "Satanic Winter", tributo alla title-track del
fondamentale "Welcome To Hell", che gode di un drumming molto
rockeggiante e di un passaggio centrale da brividi, dove le chitarre e
le tastiere (sempre usate con molto gusto) sono protagoniste di un
crescendo mozzafiato dove intervengono anche vocals effettate e assoli
fantastici per i quali vi ritroverete a fare dell'air guitar senza
nemmeno rendevi conto. Lo spirito degli Hellhammer aleggia in "Towards
The Bestial Armageddon", song che segue più o meno la stessa ricetta
delle precedenti, ma che si fa comunque apprezzare in virtù di un
rifferama da headbanging selvaggio e di un refrain bestiale. Per chi di
voi mi sta bestemmiando dietro chiedendosi se in questo "Hail The Black
Metal Wolves Of Belial" si possa mai gustare un po' di velocità, io vi
sparo direttamente addosso la grandiosa "Riding Under The Sign Of The
Horns", traccia molto Celtic Frost-iana, che finalmente propone un po'
di furia thrasheggiante come Dio, ops, Satana comanda, eccovi quindi
accontentati, e alzi la mano chi di voi conosce una canzone nel nuovo
millennio che anche solo sfiora il livello di questa hit clamorosa,
proprio vero che non fanno più le canzoni di una volta (mi sembra di
essere mio nonno). Vi faccio presente che quest'album non è proprio un
full-lenght bensì una raccolta di tutto il materiale, un po' esiguo a
dire il vero, che la band ha registrato nel corso della sua breve
esistenza: le tracce che seguono, infatti, provenendo da uscite
diverse, denotano un cambiamento di stile abbastanza evidente,
inglobando influenze death, che si intuiscono anche da un più frequente
ricorso al growl e tempi più veloci di batteria, un po' sullo stile dei
Beherit dell'EP "Dawn Of Satan's Millenium": il livello qualitativo
delle tracce è leggermente minore qui rispetto alla prima parte del
disco, anche se i bei pezzi non mancano, vedi "The Black Conqueror" o
l'inquietante e conclusiva "Satanic Black Mass"; resta la costante
delle tastiere, sempre usate in modo molto efficace. Se si dovessero
cercare dei difetti in questo disco citerei senza dubbio i titoli delle
canzoni, obiettivamente un po' banali e ultra abusati, inoltre la band
fa ricorso troppo frequentemente a certe soluzioni, tipo quella "strofa
veloce-ritornello cadenzato", che ad un certo punto causano una
spiacevole sensazione di deja-vu, ma non bastano certo queste
piccolezze per sminuire la portata di questa release che vi invito
caldamente a procurarvi, e prendetevi anche delle candele e qualche
caprone, che non si sa mai.
(Ranstrom Gail - Agosto 2009)
Voto: 8