NEVERDREAM
Said
Etichetta: Twilight Zone Records / Kick Agency
Anno: 2010
Durata: 65 min
Genere: prog metal
Aspettavo con vivo interesse il ritorno sulle scene dei Neverdream,
formazione prog metal che seguo praticamente dal suo primo demo e che,
finora, mi aveva sempre colpito grazie ad una crescita artistica
costante: arrangiamenti curati, una buona personalità, capacità
strumentali e una fortissima attenzione alla componente lirica degli
album avevano portato i Neverdream a realizzare prima un pregevole
concept album ispirato alla storia di Christiane F. e i ragazzi dello
zoo di Berlino ("Chemical Faith"), poi un ancora migliore lavoro
dedicato alla tragedia di Chernobyl ("Souls") e, adesso, non mi restava
che aspettare l'annunciato "Said", dedicato all'immenso e affascinante
continente africano, con tutti i suoi problemi e la sua storia.
Di fronte al continuo miglioramento della band, ammetto di aver avuto
delle aspettative molto alte e forse è stato anche questo che mi ha
lasciato un po' spiazzato quando finalmente ho potuto ascoltare l'opera
finita: di fronte ad una dichiarazione che parlava di un album dedicato
all'Africa, il mio primo pensiero e stato, da un punto di vista
musicale, una sorta di incontro tra il progressive metal e la
tradizione africana; una sorta di "world prog music", un misterioso,
quanto improbabile, punto di ritrovo tra Dream Theater, Pain Of
Salvation, Peter Gabriel e il Paul Simon di "Graceland". Sarebbe stato
una goduria. Invece no, la band sfiora a malapena le sonorità africane
con giusto qualche percussione qua e là, ma sostanzialmente resta
fedele al suo sound, confezionando un buon album di progressive metal,
che prosegue il discorso musicale avviato con "Souls" e lascia l'Africa
nella (seppur importante) dimensione testuale. Che vi devo dire? Per il
sottoscritto è stata un po' una delusione.
Superato questo, però, bisogna ammettere che oggettivamente i
Neverdream restano una band di buonissimo livello e anche "Said" (che
tra l'altro è l'anagramma di Aids, un'altra piaga del continente
africano) mostra diversi spunti davvero interessanti: la band conferma
buona parte delle sue qualità con una scrittura matura; una notevole
eleganza di fondo li affranca da quella folta pletora di circensi emuli
di Petrucci e soci; per non parlare della peculiarità dell'uso del sax,
suonato da Fabrizio Dottori, che ci regala interventi come sempre
puntuali e pieni di espressività. Però. C'è un però.
Questa volta, infatti, la band non mi sembra che abbia fatto un
ulteriore passo avanti, mantenendo una buona parte delle sue qualità,
ma restando un po' troppo ferma su quanto di buono si era già sentito
nei lavori precedenti. Anzi, se proprio volessi fare il pignolo, c'è
addirittura qualcosa che non mi convince al cento per cento, questa
volta: sarà colpa degli arrangiamenti che ancora non riescono ad
affrancarsi completamente da una certa prolissità che già si sentiva in
passato e che non vuole scomparire, o forse sarà colpa delle linee
vocali che stavolta mi sembrano decisamente meno efficaci. Non si
tratta tanto della scelta del cantante Giorgio Massimi di usare
registri drammatici, talvolta sussurrati, perchè quello è in linea con
l'atmosfera dell'album, ma piuttosto di tratta del fatto puro e
semplice di non essere riusciti a creare delle melodie vocali incisive,
che riescano ad essere davvero efficaci.
Mi rendo conto che sto sottolineando quasi esclusivamente le cose
che non funzionano e me ne dispiaccio, perchè invece di cose positive
ce ne sono e anche parecchie, tant'è che alla fine della recensione non
troverete un voto negativo, anzi. È che dai primi della classe ci si
aspetta sempre di più.
Detto questo andiamo invece a vedere i brani che riescono
maggiormente a cogliere nel segno: come dicevo la band si conferma
ancora una volta capace nello scrivere e nel mantenere la sua
personalità ben definita, cosa chiarissima già dall'ascolto di
"Kinshasa" uno dei brani migliori in scaletta grazie alle ottime
atmosfere, una bella introduzione con le percussioni e il notevole
groove che questa band riesce a sprigionare. Un altro episodio
sicuramente degno di nota è "Secrets", brano più drammatico e meno
intricato, ma dotato di una profonda sensibilità che traspare sia degli
ottimi spunti melodici che dal superbo solo di Dottori. Allo stesso
modo l'abilità della band si fa sentire in maniera decisa anche in
"Voodoo", brano estremamente dinamico, dotato di uno spettro di colori
notevole che vanno dai passaggi più intricati e vorticosi, al quasi
recitato del testo, passando per ottimi passaggi di pianoforte,
aperture di tastiere sinfoniche e un passaggio dai rimandi jazz. E che
dire della conclusiva "The Long Walk To Freedom"? Con i suoi quindici
minuti di durata funge un po' da summa dell'intero lavoro, mostrando
tutte le sfaccettature del sound dei Neverdream e riuscendo a risultare
meno pesante di altri episodi più brevi ma decisamente meno riusciti
come "God's Mistake".
Come vedete, quindi, ci sono buoni motivi per apprezzare "Said" e
quindi il voto finale resta ben al di sopra della sufficienza, ma
nonostante questo non posso fare a meno di pensare che per quanto mi
riguarda con questo album i Neverdream hanno fatto un piccolo passo
indietro, firmando un lavoro che sembra di transizione e non la
conferma definitiva che ci si aspettava. Dateci dentro, ragazzi, perchè
da voi ci si aspetta grandi cose.
(Danny Boodman - Gennaio 2011)
Voto: 7.5
Contatti:
Mail Neverdream: info@neverdream.it
Sito Neverdream: http://www.neverdream.de/
Sito Kick Agency: http://www.kickagency.com/