LUNARSEA
Route Code Selector

Etichetta: Punishment 18 Records
Anno: 2009
Durata: 48 min
Genere: death metal


A riconfermare il buon stato di forma della sempre fervente scena capitolina ecco giungere a noi il nuovo lavoro in studio dei Lunarsea. Grazie all'eccelsa produzione di Giuseppe Orlando dei Novembre ed al packaging davvero professionale ed azzeccato, questo "Route Code Selector" non potrà far altro che la fortuna dei nostri e della sempre più attiva Punishment 18 Records, che ha ben deciso di puntare sul gruppo romano e le sue enormi potenzialità.
Già dal primo brano in scaletta "Magnitude 9" si capiscono i lidi sonori lungo i quali si andrà a parare, classico death metal di scuola scandinava, figlio diretto di gruppi quali Dark Tranquillity, primi In Flames o The Haunted. Potenza, velocità, giusta rabbia ed irruenza, vocals in growling con controcanti puliti e con, alla base di tutto, una superba e riuscita ricerca melodica, capace di rendere ogni singolo passaggio, fin da subito, memorizzabile ed "orecchiabile".
"Metamorphine" è una vera e propria mazzata tra i denti; tiro, velocità e groove. Pezzo che non ha proprio niente da invidiare ai brani classici del genere, tanto da catapultare i nostri, con pieno diritto, all'interno della scena che conta. Non si fanno prigionieri; riff continui, doppia cassa costante ed un leggero velo di synth in sottofondo capace di creare un'atmosfera avvincente e dal gusto epico e guerresco. Davvero notevole il lavoro dei due chitarristi, capaci di sciorinare riff su riff con una velocità, una precisione ed una tecnica sopraffine.
Con "In A Firmness Loop Day" l'epicità, il gusto classico e la velocità di base aumentano ancora, le growls si fanno più cavernose e brutali per poi sfociare, sui bridge, in linee assolutamente pulite e melodiche, che tanto ricordano gli Amorphis. Altro brano da porre in risalto, tante sono la professionalità, la tecnica e l'amalgama dimostrati.
"The Apostate" sembra prender vita là dove il precedente pezzo era finito, continuandone in un certo qual modo la risultante musicale e sonora. Riproponendo quindi le soluzioni sin qui utilizzate, non accentuando ne togliendo niente dal già sentito, se non per inserirvi nuove partiture veloci e tirate, su cui le due asce vanno a rincorrersi, sovrapporsi ed incastonare ogni singolo riff. Non so, una cosa strana; come se i Blind Guardian trovassero il modo di indurire la loro proposta musicale all'inverosimile, sfociando nel death più puro, ma mantenendo inalterato il proprio spirito power.
Lievi atmosfere gotiche aprono ed avvolgono "Ashen", dalla struttura particolarmente lineare su cui vanno ad inserirsi brevi break "acustici" e particolarmente sentiti, atti a spezzare un poco la melodia principale ed aprire la strada a notevoli aperture melodiche sui chorus, di stampo assolutamente classico. Un'altra freccia, questa, per l'arco dei nostri; convincente, proficua e capace di innalzare e non poco, il giudizio complessivo finale.
L'acceleratore viene sempre premuto a mille mentre le accortezze sonore rimangono immutate; ancora una volta però, a donare anche a questo brano, "Five-Sided Platform Shape", una vera e propria anima musicale ed un proprio spirito, sono le innumerevoli soluzioni melodiche, sia vocali che sonore, capaci di rendere il tutto ricco d'appeal. Da segnalare le immense cavalcate sonore contrappuntate ed avvolte dai tappeti di synth, che fanno di questo pezzo il migliore tra tutti quelli che ho avuto modo di ascoltare ultimamente. Bravissimi.
Anche con "Found Me Cryogenized" la qualità compositiva non tende a scemare, anzi; fa specie la continuità con cui la band riesce a proporre il proprio verbo sonoro, grazie anche ad una preparazione tecnica assolutamente all'altezza ed un'ispirazione fuori dal comune. La furia e la rabbia non mancano, ma risultano sempre ben racchiuse lungo binari ben definiti e funzionali , arrivando persino a risultare essenziali per la vera riuscita del pezzo stesso. Ottimi i soli, veloci e gustosi.
A caratterizzare "Infinite Process One" sono un muro di tastiere e chitarre, dove screamings, growls e lead vocals si scambiano vicendevolmente la scena, tanto da creare un insieme di atmosfere e cambi di armonia tali da rinnovare continuamente l'ascolto. Pezzo eccellente, carico di adrenalina, vigoroso e rampante, tanto da poterne immaginare, in maniera positiva, le risultanze in sede live. Distruzione totale.
Dietro il muro di suono che avvolge "Sulphur's Song, The Swan Died", penultimo brano in scaletta, il lavoro delle chitarre si fa ancora una volta chirurgico e sopraffino; meno numerosi gli stacchi, anche più lenti e sentiti, capaci comunque di lanciare alla grande i bridge ed i chorus, velocissimi, vigorosi e di puro impatto.
Tocca a "Subspace Transition" chiudere questo superbo lavoro; la fase introduttiva è lasciata ai soli pianoforte e synth, per poi dipanarsi ancora una volta lungo partiture al fulmicotone, dirompenti e violente. Death metal nudo e crudo, di matrice fedelmente swedish, capace di colpire sia per l'irruenza e la potenza profuse, che per l'insieme melodico espresso. Un immenso muro di suono, dove doppia cassa, chitarre distorte e super veloci, insieme ai cantati n screaming e growl, vanno a creare un compendio sonoro particolare ed unico nel suo genere, capace di assestare colpi vincenti e da assoluto KO.
Niente da dire; il miglior album che ho avuto il piacere d'ascoltare in questo primo scorcio del duemilanove; per adesso il primo della mia speciale classifica personale, ce ne vorrà per scalzarlo da lì.
(Pasa - Maggio 2010)

Voto: 8.5


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