LION'S SHARE
Dark Hours
Etichetta: Blistering Records/Distribuzione Audioglobe
Anno: 2009
Durata: 44 min
Genere: classic power metal
"Dark Hours" si presenta come il secondo album di quello che potremmo
definire il "secondo periodo" della carriera artistica degli svedesi
Lion's Share, oltre ad essere il primo realizzato per la nuova label
Blistering Records. Infatti i tre album pubblicati negli anni '90, a
partire dal 1995, di stampo decisamente prog-metal, fanno parte della
prima incarnazione del combo. E' del 2001 "Entrance", opera che
potremmo definire di transizione, in cui non erano ancora chiare le
intenzioni della band e che lasciò insoddisfatti una buona parte dei
fans, me compreso. Con il ritorno nel 2007 e l'album "Emotional Coma",
di stampo decisamente più power classico, inizia il nuovo percorso
della band, che, come ha avuto modo di raccontarci Lars Chriss
nell'intervista che potete trovare nell'archivio della 'zine, segna
anche un ritorno alle orgini per i Lion's Share. Complice di questo
spostamento verso i canoni più classici del metal e sicuramente la voce
corposa e potente di Patrik Johansson, dal caratteristico timbro molto
simile a quello di Ronnie James Dio. Il trio di base, ormai
consolidato, dei Lion's Share è composto, oltre che da Patrik, da Lars
Chriss, chitarrista fondatore della band e da Sampo Axelsson, al basso.
Ospiti nella realizzazione di "Dark Hours" Richard Evensand (Chimaira,
Soilwork, Therion) e Conny Pettersson (Anata) dietro i tamburi, e
Michael Romeo (Symphony X) alla chitarra.
Anche se il precedente "Emotional Coma" era certamente un buon album,
questo suo seguito è decisamente superiore in quanto a freschezza e
qualità delle composizioni. Già la track di apertura, "Judas Must Die"
(disponibile il video su YouTube: http://www.youtube.com/darkhours2009),
che ha iniziato a circolare un paio di mesi prima dell'uscita
dell'album, provoca un sobbalzo sulla sedia fin dal primo ascolto. La
struttura è molto semplice, cosa che giova notevolmente
all'immediatezza della canzone, ma il drumming devastante,
difficilmente ripetibile, sotto una chitarra dalla ritmica senza
tregua, non può lasciare indifferente anche l'ascoltatore più
incallito. Buona, come del resto in tutto l'album, la prestazione di
Patrik Johansson dalla grinta inossidabile, paragonabile a quella del
buon Ronnie James del periodo Black Sabbath. Non sono da meno le due
canzoni che seguono: la terzinata "Phantom Rider" conserva un ottimo
tiro ed ha la caratteristica di cambiare completamente tempo e velocità
durante il ritornello. "Demon In Your Mind" riporta alla mente i
Soilwork di "Natural Born Chaos", certamente a causa dell'uso e del
suono della tastiera, utilizzata con parsimonia in questo album, ma
sempre con ottimi risultati; probabilmente la cosa è puramente casuale,
anche se la presenza di Richard Evensand potrebbe far pensare il
contrario.
Sembra quasi un outakes di "Mob Rules" la seguente "Heavy Cross To
Bear", un mezzo tempo dalla cadenza molto oscura. Sempre su canoni
classici anche "The Bottomless Pit", dal grintoso riff e dal bridge che
porta al ritornello particolarmente sulfureo.
La scelta dei titoli delle canzoni che seguono è in qualche modo
particolare: non ho idea se la cosa è stata cercata o se è avvenuta per
caso, ma ogni canzone riporta alla mente un'opera cinematografica. Ed
ecco "Full Metal Jacket" (il riferimento al film di Kubrick del 1987 mi
sembra evidente), veloce e micidiale, nel cui testo si parla
dell'assurdità delle guerre e delle ridicole giustificazioni che le
scatenano. Oppure "The Presidio 27" ("The Presidio" di Peter Hyams o
anche "Assault to Precinct 13" di John Carpenter), canzone dalla
struttura molto varia, dove vengono alternati momenti dal ritmo quasi
tribale ad altri più veloci e power, dalla ritmica retta dalla doppia
cassa. Tra le variazioni che la caratterizzano, da menzionare un
incredibile riff di chitarra posto come bridge tra l'assolo e l'ultimo
ritornello, utilizzato qui per pochi secondi ma con il quale il novanta
per cento delle bands teutoniche di power metal avrebbero realizzato un
album intero!! Ancora "Barker Ranch", che richiama alla memoria
l'ultimo rifugio di Charles Manson e della sua "famiglia", situato
nella Death Valley, e dove fu filmato il documentario "Manson" di
Robert Hendrickson, candidato agli Oscar nel 1970. La canzone,
introdotta dalla tastiera, è sorretta da una chitarra ritmica
incalzante sulla quale la voce di Patrick interpreta in maniera
magistrale tutta la drammaticità del contesto. E non mi dite che
"Napalm Nights" non vi riporta alla memoria "Apocalipse Now" di Francis
Ford Coppola. Anche in questo caso il tema principale è retto dal bel
riff di Lars Chriss, con una sezione ritmica potente e poliedrica,
notevole la batteria. Anche in questa traccia è da segnalare l'uso
intelligente della tastiera negli arrangiamenti. Nella parte centrale
l'atmosfera diventa surreale e l'impressione di essere immersi in una
palude fino al collo e di avanzare a fatica diventa tangibile. "Space
Scam" non fa riferimento ad un film in particolare, ma sembra più un
omaggio generico alla Space Opera, genere oltre che cinematografico
soprattutto letterario. Il cantato è sopra un mid-tempo comunque
sorretto dalla doppia cassa, mentre il ritornello è più ad ampio
respiro con il tempo dimezzato. A chiudere l'album "Behind the
Curtain": in questo caso non vedo evidenti riferimenti al mondo della
celluloide (o dovrei dire "del digitale"??...) ma un vero e proprio
omaggio ai maestri Black Sabbath di "Heaven and Hell" e del già citato
"Mob Rules". Il riff centrale sembra strappato dalle corde della
chitarra di Iommi ("Children Of The Grave") e il finale oscuro avanza
funesto con la cadenza del passo di uno zombie: grandioso.
Dal punto di vista grafico, la copertina riprende lo strano
personaggio tri-cornuto già protagonista della cover del precedente
album, in questa occasione ancora più aggressivo e pericoloso, viste le
catene che lo trattengono a fatica.
Produzione stellare, come al solito, mi verrebbe da dire, visto che chi
segue i Lion's Share è abituato a suoni granitici e dal notevole
impatto, spesso ottenuti grazie alla grande professionalità e
all'orecchio fino di Lars Chriss, ottimo produttore oltre che bravo
musicista. In questo caso i meriti vanno anche riconosciuti a Jens
Bogren, già responsabile dei lavori di Paradise Lost, Amon Amarth,
Opeth e Symphony X.
"Dark Hour" in definitiva di presenta come uno degli album di
power classico più belli e meglio costruiti che ho avuto modo di
ascoltare negli ultimi dodici mesi: non contiene drastici cali di
tensione, è sempre molto vario, sia come scelta dei tempi sia nello
sviluppo di ogni singola canzone, nonostante la durata media di queste
si mantenga intorno ai quattro minuti. Questo significa avere la
capacità di concentrare in quei pochi minuti tutta la creatività della
band e offrire il meglio che questo genere può dare. Genere, per altro,
dalle caratteristiche ormai ampiamente collaudate e, se vogliamo, anche
scontate. Ma i Lion's Share, attingendo da generi contigui, come il
death metal melodico o il dark sound dei grandi maestri degli anni '70,
riescono a sfornare un lavoro che sorprende piacevolmente le mie (e
spero anche le vostre) orecchie.
See you on tour... I hope...
(J.L. Seagull - Aprile 2009)
Voto: 8
Contatti:
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Sito Lion's Share: http://www.lionsshare.org/
Sito Blistering Records: http://www.blisteringrecords.se/