KUBLAI KHAN
Annihilation

Etichetta: New Renaissance
Anno: 1987
Durata: 35 min
Genere: speed/thrash metal


I Kublai Khan passarono come una meteora nella seconda parte degli anni ottanta. Erano statunitensi, del Minnesota per la precisione, e ottennero una certa attenzione poichè il chitarrista/ cantante nonchè fondatore Greg Handevidt aveva fatto parte della primissima line-up dei Megadeth. Insieme all'amico Dave Ellefson infatti lasciò la terra d'origine per trasferirsi a Los Angeles in cerca di fortuna; qui i due conobbero Dave Mustaine che stava allestendo un nuovo gruppo dopo l'uscita dai Metallica. Dave li accolse in formazione, anche se pochi mesi dopo Greg se ne tornò in Minnesota, lasciando il posto - per poco - a Kerry King...
Tornato nella sua terra d'oriigine formò i Kublai Khan che nel 1987 rilasciarono per la New Renaissance la loro prima ed ultima testimonianza sonora: "Annihilation".
L'album si presenta bene con una copertina piuttosto minacciosa ed ha breve durata, poco più di mezz'ora; ciò per me non rappresenta assolutamente un limite, visto il genere proposto. Trattasi infatti di speed/thrash piuttosto lineare senza grandi variazioni sul tema. Potrebbero a tratti ricordare pure i primissimi Megadeth, anche se "Killing Is My Business... And Business Is Good!" era sicuramente più intricato e vario.
I brani scorrono senza particolari sussulti o grosse intuizioni e alla fine il disco si lascia ascoltare ma non mi sentirei di annoverarlo tra i classici del genere.
Riffing che gioca su scale molto classiche e risentite - anche all'epoca -, batteria veloce e lineare (piuttosto "sacrificata" la doppia cassa in fase di registrazione) e voce che potrebbe ricordara vagamente un incrocio tra Hetfield, Lemmy e Mustaine, con un pizzico di cattiveria in più.
Gli assoli di chitarra, profusi in grande quantità, non sono poi memorabili da un punto di vista tecnico e neppure si ricordano soluzioni particolari o vincenti negli otto brani, quattro per lato, che compongono l'album.
Rari i momenti nei quali si esce dal classico schema riff inziale - entrata di batteria e tutti dietro a più non posso.
Purtroppo la produzione risulta veramente piatta e non riesce a valorizzare pezzi come "Liars Dice", ad esempio, che non sono il massimo dell'originalità ma hanno (avrebbero) un bell'impatto.
Il gruppo dà comunque il meglio di sè in quando spinge sull'acceleratore e i momenti più significativi del disco sono "Mongrel Horde", l'iniziale "Death Breath" o lo speed metal purissimo di "Kublai Khan". Non male neppure la conclusiva "Battle Hymn (The Centurian)".
Per il resto non sempre il gruppo riesce a coinvolgere l'ascoltatore con continuità o con canzoni veramente ben fate o eseguite.
In alcuni brani si esagera addirittura con il minutaggio, vedi "Down To The Inferno" che non regge assolutamente i cinque minuti e mezzo di durata; la strumentale "Clash Of The Sword" invece sembra proprio non sapere "dove andare a parare" e suona come un improbabile sequenza di riff e assoli senza alcun filo logico.

Un album consigliato agli amanti del primissimo thrash che rimpiangono ancora gli esordi di Metallica e Megadeth, ma anche - e forse sopratutto - ai sostenitori di band come Exciter o gli Agent Steel degli esordi, anche se questi erano comunque più vivaci e fantasiosi.
Per gli appassionati del genere quindi un album marginale ma comunque interessante, anche per i trascorsi del leader e per l'anno di uscita.
Gli altri possono sicuramente passare oltre.
(Linho - Dicembre 2009)

Voto: 6