KATEDRA
Ugnikalnis

Etichetta: Atra Records
Anno: 2008
Durata: 40 min
Genere: thrash metal


Questa mancava all'appello... thrash metal cantato in lituano, sinceramente è la prima realtà con la quale entro in contatto. I Katedra poi non sono di certo gli ultimi arrivati, facendo risalire le proprie origini all'ormai lontano 1986! Ebbene sì, e dopo due lavori usciti esclusivamente su vinile e mai ristampati ("Mors Ultima Ratio" del 1989 e "Natus in Articulo Mortis" del 1992) ed un album ("III", 2006), giunge al contratto con l'etichetta indipendente Atra Musica Records per la produzione di "Ugnikalnis" (Vulcano) lo scorso anno. La band vanta una carriera ventennale non esente da difficoltà, ma sicuramente foriera di un numero elevato di concerti e riconoscimenti nella patria natia ed in generale nell'Europa dell'est, avendo fatto parlare di sé soprattutto a cavallo della fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, con ottimi giudizi della stampa specializzata dell'epoca, che li accomunava alle band thrash metal più blasonate sia per perizia tecnica che per inventiva nel songwriting. Ciò non toglie che rimane abbastanza palese la scarsa conoscenza del combo lituano nei circuiti dediti al genere specificato, senza volersi basare ipocritamente solo sulla biografia allegata.
La proposta del quintetto (attualmente terzetto) è riconducibile al thrash metal anni '80, infarcito di moltissime soluzioni debitrici dell'heavy metal più puro ed intransigente; non ci sono incursioni nelle frange più moderne della proposta, solo una sana e selvaggia dose di metallo dei tempi che furono. La formazione conta strumentisti molto validi, e la performance (oltre che la qualità audio) è realmente al di sopra della media, lasciando ben sperare in una visibilità maggiore, visto il lodevole lavoro svolto; infatti, guardandosi in giro ed essendo un minimo legati alla scena underground, difficilmente si è incappati nel nome dei Katedra, merito probabilmente di una campagna pubblicitaria che non può competere con quella di etichette blasonate, oltre alla scarsa attenzione (che contraddistingue la maggior parte dei metalheads) verso realtà piccole, che non inventano nulla di nuovo ne' apportano migliorie alla scena metal, ma seguono "solo" il proprio istinto e mettono in pratica la propria passione.
Un album articolato in 10 tracce, per un minutaggio finale di 40 minuti, notevole per la proposta, che riesce a non stancare l'ascoltatore, segno che l'esperienza maturata in tutti questi anni di "praticantato" ha avuto gli effetti desiderati. Non si può propriamente parlare di varietà compositiva, ma sicuramente non a torto si può coniare l'appellativo "Katedra style"; c'è un filo conduttore che lega tutti i brani, e l'atmosfera si mantiene sugli stessi livelli per tutta la durata dell'album, senza avere alti e bassi per chi sa cogliere la cura nei particolari. Ogni composizione ha la sua "parte vincente", lato che manca a molte band attuali, che pur sfornando ottimi lavori in termini di resa sonora e tecnica, presentano un songwriting piatto e senza spunti realmente coinvolgenti. C'è sempre un rovescio della medaglia: in questo caso, chi attualmente non gradisce il ritorno a certe sonorità di due decadi or sono, non riuscirà a gradire quest'album, ma questo è un dato di fatto.
Preme citare quantomeno gli episodi migliori, a partire dall'apripista "Kariai Pagonys", thrash nella sua concezione primigenia, con una spiccata vena melodica nel refrain principale; "Baimês Akys" si pone a metà fra la cavalcata thrash ed il mid tempo, quasi a ricordare una gloria del metal americano, i grandissimi e tutt'ora attivi Metal Church. Stesso discorso per "Krachas", che a tratti rimanda ad una certa parte della discografia dei Metallica. Forte la venatura doom in ogni singolo brano, segno di un ascolto ripetuto del genere, che ha portato la band a riprendere e fare propri gli stilemi classici del genere; su tutti aleggia onnipresente lo spettro degli immensi Black Sabbath, e sarebbe difficile credere il contrario. L'esempio lampante è fornito da "Prarastas Rojus", ed il successivo brano strumentale (semplicemente "Instrumentalas") si muove verso gli stessi lidi. La grande propensione per la melodia trova ulteriore riprova in "Budelis Grįžta", rievocante i Megadeth di "Countdown To Extinction"; il capitolo discografico si chiude con la titletrack "Ugnikalnis", introdotta da una fantastica parentesi acustica, per poi proseguire sul cammino già tracciato in precedenza.
Non resta che sperare in una promozione più massiccia, perché è spiacevole entrare in contatto solo di striscio con realtà valide come i Katedra, che poco hanno da invidiare a band più blasonate (se rimaniamo in ambito underground), e che hanno dimostrato una ferrea volontà nel ritornare a calcare i palcoscenici (anche se della formazione originale rimane esclusivamente il cantante e chitarrista, Ricardas Laginauskas), oltre ad un "credo" saldamente radicato che li ha portati addirittura a realizzare due album dal 2006, non alla portata di chiunque... bravi Katedra, dall'Italia parte il mio applauso per voi, e mi auguro di sentire ancora parlare della band nell'immediato futuro! Supporto!
(PaulThrash - Maggio 2009)

Voto: 7.5


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