JOLLY
Forty Six Minutes, Twelve Seconds Of Music
Etichetta: ProgRock Records
Anno: 2009
Durata: 46 min
Genere: progressive rock / alternative metal
Non so voi, ma a me fa sempre piacere poter parlare di album di matrice
progressiva che, però, non vanno sempre a fossilizzarsi sui soliti nomi
di Dream Theater, Pain Of Salvation e via dicendo. Gli statunitensi
Jolly, per esempio, sono cresciuti ascoltando le formazioni più
disparate, che però hanno come denominature comune una ricerca sonora
attenta e innovativa, che potremmo definire progressive sebbene in
alcuni casi non sia esattamente così a livello sonoro: giusto per
capirci, nell'ascolto di questo album di debutto torna subito alla
mente il nome dei Tool, degli A Perfect Circle, dei Porcupine Tree,
qualcosa degli Anathema, ma anche formazioni come Muse, Radiohead e
Pink Floyd. Il risultato di questa scuola è un album estremamente
elegante, che legge il progressive rock da un lato completamente
diverso: non quello muscoloso del virtuosismo, bensì quello
completamente cerebrale della manipolazione del suono, della pennellata
giustapposta, del ritocco e della minuzia che aggiunge valore
all'insieme. Non stupisce, quindi, che anche a livello tecnologico la
band abbia voluto sperimentare, inserendo nell'album dei 'binaural
tones', ovvero delle onde sonore con un frequenza specifica che, se
ascoltate in cuffia, sarebbero in teoria percepite dal cervello a
livello inconscio e questo potrebbe creare delle alterazioni degli
stati emotivi (se non ricordo male, una cosa del genere era stata fatta
anche dai nostri Aborym nel loro "Fire Walk With Us").
Comunque, al momento non posso raccontarvi di particolari
esperienze sensoriali, ma di sicuro posso consigliarvi senza problemi
l'acquisto di questo CD, dato che il livello artistico di questo gruppo
è assolutamente elevato. Non semplice, bisogna dirlo, perchè la band
non indulge in ritornelli semplici e lascia sempre aleggiare una certa
dose di distacco, che non è un male visto il genere, ma di certo non
facilita l'ascolto. Detto questo questo "46:12" (l'album viene chiamato
anche così, visto che il titolo non è altro che l'esatta durata del CD)
è un lavoro assolutamente affascinante e intelligente, come dovrebbero
essere tutti i lavori che si fregiano del titolo di progressive. Ancora
complimenti, quindi, alla ProgRock Records, un'etichetta attenta che
ogni tanto prende degli svarioni, ma nella maggior parte dei casi
produce lavori molto interessanti.
Facendo una breve panoramica delle composizioni dell'album, si inizia
alla grande con "Escape From DS-3", un concentrato delle influenze
finora citate, con un ottimo lavoro da parte di tutta la band: ottimo
il lavoro di Anadale, cantante e chitarrista, che si destreggia con
grandissima abilità in entrambi i ruoli, da una parte con un timbro
caldo che si mantiene su tonalità medie (evviva, basta urlatori e
cinguettii acuti!) e uno stile chitarristico che sa graffiare quando
deve ma sa anche regalare momenti di ottima raffinatezza. Lo stesso si
può dire per il bravissimo Joe Reilly alle tastiere, un musicista che
sa lavorare di cesello e mi ha ricordato lo splendido equilibrio di
Richard Barbieri.
Meravigliosa, poi, "Renfaire", uno dei momenti più elevati del
disco: grandi atmosfere, momenti di vera elevazione spirituale con la
musica che si spalanca veramente sull'infinito, tra momenti più
energici e corali, fino ai bellissimi intermezzi psichedelici. "Peril"
è il brano più spiccatamente vicino ai Porcupine Tree,
nell'introduzione e nel ritornello sembra davvero un pezzo escluso per
qualche strano motivo da "Stupid Dream", con l'unica differenza nella
voce di Anadale, sensibilmente diversa da quella di Steven Wilson.
Bagliori più tipicamente prog metal, invece, si sentono in "Red Sky
Locomite", guidata dalle tastiere e dal piano in uno stile vicino a
quello dei polacchi Riverside; mentre "We Had An Agreement" e è un
semplice intermezzo di tastiere e banjo (!) che fa da preludio a
"Downstream", un altro brano molto intenso soprattutto quando viene
dato spazio alle chitarre elettriche.
Leggermente meno interessanti "Carousel Of Whale" e "Solstice",
mentre "Inside The Womb" chiude perfettamente il disco con un brano più
lungo (quasi dieci minuti). Inizia lentamente tra pianoforte e
mellotron, quasi come una ballata, poi sembra fermarsi per lasciare
spazio a dei suoni di sottofondo che potrebbero essere lo stormire
delle foglie di un albero, ma io ci sento anche il rollio di una nave e
quindi forse è il rumore lontano del mare... o forse sono solo
sensazioni che colpiscono il cervello come è giusto che sia. Prima di
spegnersi del tutto, però, ricompare la musica e il pianoforte a dare
un ultimo segnale di vita, poi resta solo il rumore di una puntina che
scorre nei solchi di un vinile e il silenzio. Bellissima.
Insomma, che vi devo dire, ci ho messo un po' ad entrare in
sintonia con questo lavoro, ma una volta riuscitoci è rimasta solo la
meraviglia di un lavoro quasi ineccepibile. Un consiglio, però, non
ascoltatelo distrattamente, magari nell'iPod girando per la città
trafficata. A casa, con le cuffie e tutta l'attenzione del caso: sarà
tutta un'altra cosa.
(Danny Boodman - Ottobre 2009)
Voto: 8
Contatti:
Sito Jolly: http://www.myspace.com/jolly5
Sito Progrock Records: http://www.progrockrecords.com/