INKARAKUA
Inkarakua
Etichetta: UK Division
Anno: 2007 (pubblicato a marzo 2008)
Durata: 29 min
Genere: thrashcore
I sardi Inkarakua, sotto l'egida e la supervisione della
Alkemist-Fanatix, danno alla luce questo album di otto pezzi, ricco di
violenza, furia e groove; un thrash-core senza compromessi alcuni,
assolutamente votato alla potenza ed alla compattezza sonora, su cui
trovano spazio testi, in italiano, ricchi di sfiducia ed impotenza nei
confronti del mondo moderno e del modo di vivere quotidiano, votato
sempre più al sembrare che all'essere. Fulgido esempio di tutto quello
detto sinora è il brano d'apertura, "Nessuna Via di Scampo"; chitarre
corpose, ruvide e potenti, ritmica cadenzata ed incalzante e vocals che
tendono a non seguire linee melodiche ben definite, ma a sputarti in
faccia tutta la rabbia e la furia possibili; come a volersi liberare in
qualche modo di un fardello ormai divenuto troppo pesante e quindi da
condividere necessariamente con il resto del mondo.
Con "Solo Il Principio", secondo pezzo, le sonorità non cambiano di
molto; la struttura principale del brano segue connotati thrash ben
conosciuti, arricchiti da forti inserti hardcore e di matrice moderna,
che ne arricchiscono fortemente il groove e l'impatto sonoro, in
primis, e che riescono a creare un gelido ed oscuro alone intorno al
pezzo ed ai cantati di Cristian Rocco; ancora una volta parte
fondamentale del tutto, capaci di urlare il forte senso di disagio
interiore e di disprezzo per il mondo falso e, spesso, ingiusto che ci
circonda. Da ricordare le orecchiabili linee melodiche sui ritornelli
ed il buonissimo fraseggio in levare lungo la parte centrale del brano,
capace di spezzare l'atmosfera e di creare le basi per il giusto
proseguo. "Ruggine" si candida immediatamente quale miglior brano del
lotto, grazie alla sua enorme carica emotiva ed esecutiva, ai numerosi
break d'atmosfera e all'enorme potenza sprigionata lungo tutto il suo
cammino, carico di rabbia e di livore; buonissimo, nell'occasione il
lavoro di Paolo Belfiori alla batteria, autore di linee precise, nette
e mai scontate. Con il quarto brano in scaletta, "Senza Un Perché",
l'atmosfera generale si sposta verso lidi più introspettivi e cupi; una
poesia di dolore poggiata su basi potenti e corpose, ma che non
eccedono mai nella violenza vera e propria, rimanendo in bilico tra
sonorità decisamente più fluide ed oniriche e partiture, invece, ricche
di odio e rabbia, pronte a scatenare violenze inaudite; un breve pezzo
questo, ma che arricchisce di molto il panorama musicale espresso dai
nostri, mostrandoli capaci di porre un freno, anche deciso, alle
proprie pulsioni; ingabbiando la furia e il grande senso di vuoto, che
sembrano accompagnarli costantemente, lungo linee melodiche ben più
pacate e pensanti. Bravi.
Le reminescenze hardcore escono prepotentemente lungo le note di
"Guardo Fuori"; chitarre potenti e veloci, suoni pompati e pieni e
ritmiche articolate e decise; questo e niente più, arricchito qua e la
da inserti sinth che ne innalzano e di parecchio i connotati moderni e
modernisti, rendendo quindi il tutto più appetibile e per certi versi
orecchiabile. Gran bella sfuriata; gran bella mazzata; difficile
rimanerne indifferenti. Con "Sangre" le sonorità proposte non cambiano
di una virgola; a rendere particolare ed avvincente il pezzo ci pensa,
nell'occasione, l'utilizzo della lingua spagnola, i cui vocaboli e le
cui pronunce, di per sé molto arrotate, si scontrano ed incontrano con
le veloci e feroci sferzate sonore dei nostri, creando un connubio allo
stesso tempo particolare e vincente. Grandi.
Penultimo brano in scaletta, "Cieco davanti All'Oblio",che si fa
ricordare, oltre che per la rabbia e la violenza profuse, per il suo
incedere decisamente moderno, molto vicino per sonorità e strutture ai
primi Fear Factory; chitarre asciutte e potenti, autrici di ritmiche e
linee melodiche decisamente articolate, dal continuo incedere in levare
e dalla costante e deprimente freddezza di fondo.
L'album in questione va a concludersi con il primo brano cantato
in lingua inglese, cosa questa che non sembra aggiungere o togliere
niente a tutto quello detto sinora, anzi in taluni momenti l'uso della
lingua d'albione sembra anche più forzato e fuori posto rispetto
all'italiano, che invece si amalgama alla perfezione con le sonorità
proposte. Inkarakua, un nome ed un gruppo da tenere sott'occhio e che,
pur non inventando niente di nuovo, riesce comunque a smuoverti
qualcosa dentro, sia grazie ai testi in lingua madre, mai scontati e
privi di significato, sia per l'immane groove e l'enorme carica
espressi lungo ogni singola nota; la strada giusta sembra esser stata
intrapresa, conviene ore non fermarsi a vivere sugli allori, ma
continuare a sperimentare e personalizzare il proprio sound, senza per
questo dimenticare le origini. Bel gruppo.
(Pasa - Ottobre 2008)
Voto: 7
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