GHOST MACHINERY
Haunting Remains
Etichetta: Sound Riot Records
Anno: 2004
Durata: 63 min
Genere: neoclassical power metal
Accidenti! E' proprio vero che ormai l'abito non fa più il monaco! Ma
perché questo pensiero? Basta semplicemente guardare il libretto dei
finlandesi Ghost Machinery. Generalmente, prima di leggere le biografie
delle band che mi appresto a recensire guardo (nel caso ci siano)
l'artwork, le foto del gruppo e leggo qualche testo; insomma cerco di
"fare conoscenza" prima di inserire il CD nel lettore. I Ghost
Machinery si presentano con un libretto abbastanza cupo. Le tonalità di
viola abbondano. Come disegno in copertina c'è una casa infestata con tanto
di "oscure" presenze che aleggiano nell'aria. I tre ragazzi ritratti
nelle foto si presentano con un attitudine molto biker con bandana,
pizzetto lungo stile Dime (riposa in pace, fratello!) e capello
sciolto. Il primo pensiero: "Eccoci davanti ad un bel gruppo di heavy
classico e potente".
Senza leggere nulla delle influenze e del genere musicale dei
Ghost Machinery mi fiondo a caricare in auto il CD e partire in
quarta (la mia è un diesel: praticamente impossibile!!!).
"Boom"... Quando sento un'introduzione affidata ad una melodia di
tastiera e chitarra, supportati da una doppia cassa, è un colpo al
cuore! "Mmmh, che è successo, ho sbagliato qualcosa?". Arresto il CD,
lo estraggo e... echeccazz... non ho sbagliato! Questi "truci"
individui stanno facendo power! Gli occhi corrono veloci tra le righe
della biografia fino alla frase: neoclassic power metal! Ok, la
frittata è fatta... vediamo se è buona!
L'iniziale "World Of Unbelievers" non ha niente di brutto
fortunatamente! E' caratterizzata da buoni assoli, una voce non troppo
alta, qualche riff rubacchiato a Malmsteen e delle melodie di chitarra
che fallano solo nel ricalcare continuamente le linee di tastiera.
Con la successiva "Blinded Eyes" non ci siamo proprio. Il pezzo
suona veloce e banale per tutta la sua durata, ma c'è da dire, per onor
di causa, che gli assoli di Pete Ahonen, cantante e chitarrista, e
Tapsa Pelkonen, chitarrista e bassista (ecco perché sono in tre i
ragazzi ritratti nelle foto!!!), sono sempre ricercati ed ispirati.
Purtroppo tutto questo non mi basta! Anche la fantasia del
batterista/tastierista Jussi Ontero merita un giudizio positivo,
fintanto che non si lancia su quei tempi veloci e tutti uguali.
Quasi con l'amaro in bocca continuo l'ascolto del CD ed ecco che il
terzo pezzo, "Temples Of Gold", mi trascina nell'intonare il ritornello
tanto semplice quanto efficace. Un up-tempo i cui riff terminati,
massicci e compatti costruiscono una buona canzone. La tastiera fluttua
con note di accompagnamento senza scadere nei soliti stilemi del
power-metal. Bel pezzo... e l'attenzione si riaccende.
Purtroppo non finisco di chiedermi cosa verrà dopo che un altro
"tempettino" power, questa volta vicino ai Rhapsody, parte veloce con
una linea di tastiera a dir poco imbarazzante: sembra uno stacchetto
pubblicitario! Fortunatamente verrà ripresa solo nei passaggi che
conducono il pezzo dalla strofa al ritornello. Questa canzone, "Evil
Within Us", riesce ad uscire come al solito dal tunnel buio del gioioso
power metal style solo con l'assolo, dove le ritmiche si incupiscono ed
i riff di chitarra si complicano. Per il resto, è meglio sorvolare.
Contro ogni aspettativa parte "Down In Flames" e con gran stupore posso
affermare che è veramente una canzone di classe: mi fa dimenticare
tutto quello che ho scritto finora! L'inizio mi riporta agli Europe di
"The Final Countdown". La canzone è supportata da tastieroni efficaci e
dai riff di chitarra più heavy sentiti finora nel CD. Tale struttura ci
conduce ad un ritornello azzeccato e melodico. La parte centrale
rallenta, si ferma e dopo una paio di articolati passaggi, dove le
chitarre scrivono ancora dei pregevoli assoli (mai banali in tutto il
CD), esplode nuovamente il ritornello. Riascoltare questo brano una
volta che esso finisca è cosa doverosa.
La successiva "Dreamworld" inizia solo con il piano ed una voce
molto malinconica. Continuando nell'ascolto sentiamo che si alternano
chitarre distorte ed acustiche per poi tornare agli accordi struggenti
del solo piano. Una canzone che cresce man mano, costruita in modo tale
che, accordo dopo accordo, qualche altro strumento si aggiunga fino a
completare un arrangiamento maestoso. Toccato il picco di pomposità si
disfa ancora una volta sul pianoforte, strumento principale della
canzone.
"From The Edge Of The World" è un'altra insipida canzone di power
neoclassico! Peccato! Ma perché questo mio astio? Ora vi spiego: non mi
piace l'idea di costruire una canzone su di una doppia cassa uguale,
monotona e veloce più tre accordi di chitarra che prima sono lasciati
alla singola plettrata e poi vengono ripetuti ossessivamente senza né
terzinare né scandire un tempo un po' più "articolato", ma solo
accompagnando lo scandire ritmico della batteria; se poi al tutto viene
posta una tastiera che crea una melodia carina ma di uno stampo
neoclassico poco originale, sicuramente il tutto non riuscirà ad
impressionarmi! Né ora né mai!
Fortuna che la successiva "Darkest Hour", dall'incedere minaccioso
e granitico, risolleva un attimo la mia attenzione. La canzone, dopo un
inizio epico, è affidata alle note del basso. Assieme alla batteria, il
basso sorregge la prima parte della strofa. Si aggiungono poi le
chitarre. Ad arricchire il prodotto finale, un ritornello azzeccato,
sì, ma anche un po' banale. Il risultato però è buono e quindi chi se
ne frega.
Anche "Fallen Angel" riesce a spuntarla grazie ad un'attitudine più
prog rispetto le altre; questa volta è la tastiera a fare il lavoro
maggiore sulla strofa, con le chitarre che subentrano a tutto volume sul
buon ritornello. Le linee vocali non sono mai scontate e sempre
abbastanza personali, sia in questo pezzo che negli altri (nei quali
però non sono rimasto molto colpito dalla musica). "Heaven Or Hell"
putroppo rovina l'interessante doppietta precedente con un altro
esempio di power scontato e simile a tante altre canzoni: forse la
peggiore del lotto.
Fortunatamente la tripletta di canzoni finali riesce a portare il
gruppo su livelli che vanno un po' più in là della semplice
sufficienza.
La cavalcata e le atmosfere cupe di "In Your (Evil) Dreams" ci fanno
sentire che le influenze della band sono debitrici, in parte, al buon
vecchio R.J. Dio. In "Out In The Field" riecheggiano a grande richiesta
(?) Stratovarius ed Helloween, con spruzzatine di Edguy. Interessante
il riff che regge la strofa così come la voce sicura, che sul
ritornello si avvicina al timbro vocale di Tobias Sammet degli Edguy.
La parte del bridge, stoppata e rocciosa, serve solo a delineare il
successivo arrangiamento dinamico posto come base degli assoli.
Insomma, promossa a pieni voti così come l'oscura e conclusiva
"Shadows". La traccia inizia in sordina con il basso che ha un'altra
volta il compito, assieme alla batteria, di supportare la prima parte.
Essa è basata su un cantato quasi sussurrato. La seconda metà la canzone
invece si apre con chitarre, tastiere e tanti bei cori che
arricchiscono il ritornello; come al solito le chitarre, impeccabili,
ci regalano un assolo ispirato e dopo un breve stacco, dove tutto si
ferma o quasi, il ritornello esplode nuovamente sino al conclusivo
passaggio rallentato che arresta definitivamente il "Macchinario
Fantasma".
Ci sono due strade da percorrere per una valutazione conclusiva: la
prima è denigrare il gruppo perché non è riuscito a scrivere un CD con
canzoni tutte di un certo livello, cosa che nemmeno i big della musica
fanno. La seconda è cercare sul vostro lettore la funzione "program" e
selezionare queste canzoni: 3, 5, 8, 9, 11, 12 e 13. Avrete tra le mani
un ottimo CD e occuperete una mezzoretta (in questo caso!) ascoltando
della buona musica.
(Hellcat - Aprile 2005)
Voto: 7
Contatti:
Ghost Machinery
c/o Pete Ahonen
Isterintie 12
90230, Oulu
FINLAND
Mail Ghost Machinery: peteghost@hotmail.com
Sito Ghost Machinery: http://www.ghost.tapsanet.net/
Sito Sound Riot Records: http://www.soundriot.net/