FORGOTTEN SUNS
Innergy

Etichetta: ProgRock Records
Anno: 2009
Durata: 61 min
Genere: prog metal


Cari Forgotten Sun,
se vi va di ricevere un piccolo consiglio, allora lasciatemelo dire, non si fa così! Insomma, voi siete una band portoghese al terzo disco, nel corso degli anni avete pubblicato un paio di dignitosi lavori di progressive rock, "Fiction Edge 1 (Ascent)" (2000) e "Snooze" (2004), ma il successo non è arrivato come speravate, e adesso cosa mi combinate? Vi buttate sul carro del prog metal più becero o fracassone? Suvvia, non si fa! O meglio, si può fare... si può fare tutto a questo mondo, però poi il dubbio è legittimo, perché il vostro "Innergy" sembra proprio pensato per i fan più sfegatati, passatemi il termine, più ingenui dei Dream Theater. Uno di quei dischi dove l'unico scopo sembra quello di far dire 'ooooh, sento questo passaggio, woaaa, impossibile, ma come fanno'. C'è proprio tutto, i controtempi, riff a singhiozzo su tempi dispari, assoli ultraveloci, tastiere digitali e plasticose, fino alla solita ugola lancinante. Tutto da manuale, tutto senza la benché minima variazione sul tema?
Ok, va bene, io vi voglio credere e mi piace pensare che non l'abbiate fatto per raggranellare qualche copia in più; diciamo che l'avete fatto perché vi piace suonare così, perché questo è quello che vi ispira... Eh, beh, allora anche qui non è che mi fate fare i salti di gioia, sapete? Perché, insomma, non è che le canzoni brillino di chissà quale luce. Davvero sembra di ascoltare un semplice taglia e cuci di Dream Theater, Fates Warning e Shadow Gallery, il tutto, purtroppo, rivisitato con un gusto piuttosto becero: perché la sezione ritmica deve essere sempre così sparata, così eccessiva (così tamarra, diciamocelo)? Perché il basso, al posto di ritagliarsi il giusto spazio rafforzando le composizioni, deve farsi notare solo in un pacchiano slappato? Perché quelle chitarre non possono seguire mai una linea melodica che non sia sempre una posa plastica per mostrare i muscoli, per far vedere quanto siete bravi? E perché le tastiere devono suonare sempre nello stesso modo, come si sente da decenni, in una sorta di rievocazione delle colonne sonore dei videogiochi degli anni '80?
Poi a conti fatti alcune cose ci possono stare, avete dei bei momenti strumentali e quando sono inseriti in un contesto, anche i virtuosismi circensi ci stanno bene. Voglio dire, in un pezzo come "News", ben venga quella coda finale con un vortice di note che sale, sale e ti lascia lì stordito. Va benissimo, ma non per tutta la durata del disco. Bisogna saperle dosare certe cose. Anche perché, a furia di non starci attenti, si finisce che tutto il disco diventa una massa informe e confusa, un caleidoscopio in acido, in cui le canzoni non riescono ad avere una propria identità.
Sì, perché "Innergy" è davvero un lavoro monolitico, in cui mancano quelle belle sfumature che sappiano davvero portare una ventata di freschezza anche in composizioni che si aggirano intorno ai 10-12 minuti. Così, se "Racing The Hours" riesce a convincere perché qui la formula della vostra musica è tutto sommato ben equilibrata, lo stesso non si può dire di "Nanoworld" (che tra l'altro, per noi italiani è un titolo anche abbastanza ridicolo, ma questo almeno non è colpa vostra!), che suona invece troppo prolissa e pesate, soprattutto se posta verso la fine dell'album.
Insomma, io ve lo dico, secondo me qualcosa da cambiare c'è... anzi, parecchio! Però poi, chissà, magari questo tentativo va a buon fine, venderete un sacco di copie, i prog fan vi adoreranno e voi sarete sicuramente soddisfatti. Io però resto scettico.
Cordiali saluti.

(Danny Boodman - Giugno 2009)

Voto: 6


Contatti:
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