FANGTOOTH
Fangtooth

Etichetta: autoprodotto
Anno: 2010
Durata: 38 min
Genere: doom metal


Dietro al nome Fangtooth si celano in realtà alcuni nomi noti della scena metal siciliana, visto che la nascita di questa formazione avviene dall'incontro di Sfack (voce e chitarra) con due membri della band death metal Exhuman (il chitarrista Painkiller e il batterista Grendel), a cui poi si aggiunge in un secondo momento Joseph Reginson, ex-bassista dei Denied, già recensiti dal sottoscritto proprio sulle pagine di Shapeless. Il desiderio è quello di dare sfogo alla passione verso il doom più classico, quello che trova le sue radici nei primi Candlemass, St. Vitus, Solitude Aeternus, Trouble e via dicendo, così in poco tempo la band inizia a registrare un album di debutto autoprodotto e intitolato appunto "Fangtooth".
Questa è la storia, ma adesso vale la pena andare a parare su quello che davvero interessa a voi che leggete, ovvero la qualità delle composizioni: pur non essendo esente da pecche e pur difettando a livello di produzione il debutto del quartetto messinese sembra avere diverse carte da giocare e potrebbe davvero dare qualcosa in più ad una scena, quella sicula, che certamente non ha nel doom i suoi massimi esponenti.
Le sei composizioni presentate, infatti, mostrano una band già affiatata che padroneggia abilmente la materia: la solida sezione ritmica scandisce tempi pachidermici e inarrestabili, che si muovono come dei mastodonti indolenti, ignari di tutto quello che schiacciano sul loro cammino; le chitarre macinano riff pastosi che talvolta si strascicano scavando solchi nei padiglioni auricolari dell'ascoltatore, talvolta invece martellano in improvvisi lampi di cattiveria. Molto buona anche la dinamica interna delle canzoni, che non si limitano a nascondersi dietro il trucchetto della lenta ripetitività ipnotica, ma al contrario si muovono e mutano forma come le divinità aliene di lovecraftiana memoria. Arriviamo quindi al punto più controverso dell'intero lavoro, ovvero la voce di Sfack: il suo stile porta avanti quella drammaticità tipica di Messiah Marcolin e fin qui niente di strano; nonostante questo, però, c'è qualcosa che non mi torna nelle linee vocali registrate nell'album, non so se proprio a causa della produzione non eccelsa o che cosa, fatto sta che il cantato di Sfack non mi sembra ben inserito all'interno della trama strumentale. Niente stonature, le note sono giuste, ma sembra davvero che il cantato sia completamente separato dalla musica. Mi rendo conto di non essere stato chiarissimo nella mia spiegazione ma è quello che sento. A questo, poi, aggiungiamo uno stile un po' sforzato che traballa un po' sulle note alte e, quindi, la sensazione è che almeno su questo aspetto la band debba lavorare ancora.
Non mi soffermerò troppo, invece, sulle singole composizioni, perchè l'album ha una struttura decisamente compatta, sia per stile che anche per qualità, tanto che non riesco a trovare dei picchi che svettino particolarmente, né tantomeno delle classiche cadute di tono: sia i brani più corti come l'iniziale "The Eye Of God", così come le composizioni più lunghe e articolate come "Rise Again", "Marthyr" e la conclusiva "Cry Of The Nephilim" funzionano decisamente bene e non stancano mai. Buona anche la scelta, a mio avviso, di non andare troppo oltre con la durata complessiva, che non arriva a quaranta minuti. Un buon biglietto da visita non ha bisogno di più e sarà il prossimo lavoro a fare la differenza quando la band (ci auguriamo) avrà trovato un buon contratto discografico.
Per ora, quindi, va bene così e se la band riuscirà ad aggiustare il tiro sia per quanto riguarda la produzione che le parti vocali, avremo sicuramente un altro nome da tenere in alta considerazione nel panorama italiano.
(Danny Boodman - Gennaio 2011)

Voto: 7


Contatti:
Mail: fangdoom@gmail.com
Sito internet: http://www.myspace.com/fangtoothdoom