DOINK
Speak Like You Eat

Etichetta: autoprodotto / Bloody Resistance
Anno: 2009
Durata: 42 min
Genere: alternative / metal


Il gruppo nasce nel 2003 per volontà di tre ragazzi decisi a suonare ciò che da sempre li appassiona ed interessa; dopo un primio demo, "Joe Jay" nel 2006, eccoli oggi, finalmente, al primo vero e proprio full-lenght album autoprodotto, questo "Speak Like You Eat".
Tocca a "The Brand New Bicycle" aprire il lavoro e subito si notano prepotentemente numerose influenze, in ambito alternative/metal, Primus prima di tutti, per poi passare ai Red Hot Chili Peppers; suoni scarni, ruvidi, vivi; basso martellante ed onnipresente, partiture di batteria precise e senza fronzoli, chitarre distorte, ma mai troppo piene o corpose, con un suono molto anni settanta; quindi stacchi improvvisi, cambi di ritmo, riff improbabili, cantati al di fuori di qualsiasi linea melodica, estemporanei ed ai limiti dell'ironico.
"Black Dog" non fa altro che proseguire il percorso appena intrapreso, accentuando, se possibile, le reminiscienze anni settanta, per quel che riguarda i suoni, e quel modo atipico di intendere la musica tanto caro ai Primus,fatto di ritmiche convulse, strofe improponibili e melodie di basso e chitarra a cercarsi e rincorrersi.
Terzo brano in scaletta, "Doink"; pezzo essenzialmente strumentale dove le vocals non sono altro che un'appendice agli accenti ritmici, non creando mai particolari melodie; su una solida base di basso e batteria, convinti ed affiatati, fa sfoggio di sè e della sua tecnica, ispirazione sonora, Massi alla chitarra, passando agevolmente da partiture più dure e sostenute, a giri più ricercati e "psichedelici", per poi accennare al funk e tornare dritto alle buone sonorità hard rock.
Il notevole affiatamento ritmico tra basso e batteria è alla base anche di "Toy Boy", digressione ritmica su cui vanno ad inserirsi e completarsi, spunti e riff di chitarra, ora brevemente accennata, ora più impulsiva e potente. Ancora una volta da sottolineare come l'aver registrato il tutto in presa diretta, abbia consentito ai pezzi di suonare assolutamente live, arricchendosi di una carica ed un groove altrimenti difficile da trovare.
Le sonorità si fanno decisamente più slabbrate e ruvide in "Driven By Black Holes", riportando alla mente gruppi più vicini allo stoner rock ed alla psidechelia in genere; i cantati di Rico mantengono sempre e costantemente questa timbrica dal palese flavour ironico e straniante, tipica, per certi versi, di Les Claypool ed i suoi Primus; capace di sottolineare, ancor più, le numerose digressioni ritmiche in opera. Bravi.
I brani continuano quindi a scorrere, "The Brown Cow", "La Salsiccia" così come la stessa "Doinkaroo" non fanno altro che mostrare ancora ed in maniera superba le sonorità tanto care ai nostri; capaci di inserire all'interno di strutture oramai consolidate e ben precise, soluzioni sonore ora più orientaleggianti, ora più dure e sostenute e vicine ad un certo nu metal prima maniera, per poi tornare prepotentemente a sonorità tipiche del rap e del funk in genere. Strumentalmente preparati ed affiatati si rendono autori di scorribande ritmiche e melodiche notevoli, fatte di controtempi, basso in slap, chitarra spezzata e nervosa, avvicinandoli molto spesso, per carica e emotività ai migliori Red Hot Chili Peppers.
Penultimo brano in scaletta, "The Time To Get Enough"; le ritmiche si fanno ancora più articolate, mentre la chitarra va proprio per i cavoli suoi; stranianti e veramente particolari, quindi, le strofe, capaci di mutare atmosfera, melodia ed apertura sonora lungo i chorus, avvolgenti, corposi e potenti, dove, se pur in minima parte, fuoriescono richiami ai sempre grandi Faith No More, più per l'atmosfera generale e le emozioni espresse che per la musicalità.
E' quindi "Joe Jay And His Knife" a concludere questo primo lavoro dei Doink; pezzo esemplificativo dell'intero mondo e panorama musicale, pensato, voluto ed espresso dai tre individui; quindi basso slap in primissimo piano, batteria scarna, precisa e saltellante, chitarre che si dividono tra sonorità corpose, distorte e pompate, e brevi digressioni, ora quasi acustiche, ora vicinissime allo stoner ed alla psidechelia in genere.
Che dire... i Doink pur suonando un genere che non va per la maggiore ed in cui è difficile mantenere sempre viva l'attenzione dell'ascoltatore risultano quasi sempre convincenti, riuscendo a sopperire con la carica ed il groove ai limiti strutturali imposti dal genere stesso. I brani tendono essenzialmente ad assomigliarsi un pò tutti, ma sta nel riuscire a cogliere le pur minime differenze e gli inaspettati cambi di rotta, il segreto del loro appeal. Lavoro consigliabile a tutti gli amanti del genere e dei gruppi citati in precedenza, a chi si senta musicalmente aperto e senza limite alcuno. Notevoli.
(Pasa - Settembre 2009)

Voto: 8


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Mail Doink: info@doink.it
Sito Doink: http://www.doink.it/

Sito Bloody Resistance: http://www.myspace.com/bloodyresistance