DIVINE LUST
The Bitterest Flavours

Etichetta: Deadsun Records / Alkemist Fanatix
Anno: 2008
Durata: 66 min
Genere: gothic/doom metal


So benissimo che se parliamo di gothic metal e di Portogallo, tutti iniziate subito a pensare ai Moonspell, però per fortuna ci sono diverse altre realtà interessanti che non cercano necessariamente di copiare la band di Fernando Ribeiro. Tra queste ci sono i Divine Lust, formazione lusitana che si presenta al pubblico con un album molto vario, che dai Moonspell prende solo il calore, ma che in realtà vive a cavallo tra il doom più classico, il romanticismo inglese dei My Dying Bride e molte altre sfumature. Il risultato è sicuramente positivo, anche se devo dire che in qualche occasione la band si appesantisce un po' su certe strutture preconfezionate, che non fanno scorrere l'album con la dovuta fluidità, complice anche la durata notevole che, con i suoi sessantasei minuti, rende impossibile (o quasi) non cadere in qualche riempitivo.
Presentiamo dunque i Divine Lust, che sono composti da Felipe Goncalves (voce e chitarra), João Costa (batteria), Antonio Capote (tastiere) e Ricardo Pinhal (chitarra); la band si forma nel 1998 e un anno dopo pubblica un demo, "Terceiro Pecado", ma ci voglio altri tre anni prima che arrivi il debutto "Divine Lust". Dopo un EP di quattro pezzi pubblicato nel 2004, infine, eccoci qui a distanza di cinque anni a parlare di "The Bitterest Flavours", un bel digipack curato a livello grafico e diverso dalla solita estetica gothic (tant'è che i colori principali qui sono tutti caldi).
Non indugiamo oltre, però, e addentriamoci con maggiore attenzione tra i meandri di questo lavoro. Si comincia con un'accoppiata, "Last Will Left..." e "...A Long Way Down", due brani separati che però costituiscono un'unica opera: qui possiamo iniziare a inquadrare il sound del gruppo, un gothic metal romantico e magniloquente, che gioca bene l'accostamento tra chitarre elettriche profonde e tastiere ariose; i ritmi sono lenti e malinconici, in pieno stile doom, ma la differenza la fa la voce di Felipe, un cantante molto versatile che spazia tra stili diversi. Qui per esempio predilige un tono pulito e maestoso, come ci insegna il doom epico dei Candlemass, ma nel corso dell'album mostrerà molte altre facce. Questi primi due brani funzionano discretamente bene, anche se non posso dire di aver già incontrato le perle dell'album, infatti già la successiva "Good By Love" sfodera un'anima più particolare, con degli inserti orientali e una prova da parte di tutti i musicisti più aggressiva e ruvida. Il risultato è sicuramente positivo e degno di nota.
Si continua con "Hunting", che a dispetto del titolo è un pezzo più malinconico, introdotto dal pianoforte e lineare nella sua struttura che inizia in sordina per poi crescere in velocità ed energia sul finale; ma arriviamo ora a due episodi molto interessanti: il primo, "Devilish Deliverance (Aeon's Cry part 2)" è un brano fortemente influenzato dai My Dying Bride, con una prima parte più vicina alle atmosfere di "Like Gods Of The Sun" e inserti più aggressivi che invece rimandano a episodi di "The Dreadful Hours". Il secondo invece è il pezzo più lungo del lotto, si intitola "Duskful Of Bliss, Morningful Of Misery" e raggiunge i dodici minuti di durata. Qui abbiamo forse l'apice dell'album, visto che la band dà il meglio di sé: l'introduzione di tastiere è tanto maestosa quanto semplice e malinconica, poi tutti gli strumenti si risvegliano e iniziano a muoversi con incedere inarrestabile, fa capolino il violino dell'ospite Tiago Flores e questo, pur rimandando ancora ai My Dying Bride, aggiunge comunque qualcosa in più al brano, che poi pian piano va a chiudersi con un bell'intermezzo di pianoforte e chitarre acustiche, delicato e malinconico, e una sfuriata elettrica finale.
Da qui, però, come dicevo inizia anche a farsi sentire un po' di stanchezza, con qualche brano di troppo e qualche passaggio stucchevole, che sebbene fossero presenti anche nella prima parte, nella seconda hanno un peso maggiore, magari non in "Veil Of Golden Leaves", che sa essere immediata e semplice, pur senza stupire, ma sicuramente in "Selling My Soul" e "The White Flash", poste in chiusura.
Detto questo, comunque, il giudizio finale resta positivo e "The Bitterest Flavours" può essere considerato come un buon disco di genere, che riesce a barcamenarsi in una scena difficile come quella gothic grazie ad una buona scrittura e ad uno stile non immediatamente accostabile ai soliti nomi della scena.
(Danny Boodman - Febbraio 2010)

Voto: 7


Contatti:
Mail Divine Lust: mail@divinelust.com
Sito Divine Lust: http://www.divinelust.com/

Sito Deadsun Records: http://www.deadsunrecords.com/

Sito Alkemist Fanatix: http://www.alkemist-fanatix.com/