BUDGIE
Nightflight
Etichetta: RCA / Active
Anno: 1981
Durata: 32 min
Genere: hard rock
I Budgie sono certamente tra gli esponenti più rappresentativi della
classica hard rock band inglese, l'essenziale power trio
chitarra-basso/voce-batteria. La band, nata nel lontano 1968 a Cardiff,
durante la lunga carriera, ha sempre ruotato intorno alla figura
carismatica del bassista/cantante Burke Shelley, un personaggio che
appare nelle foto come il classico secchione, con due fondi di
bicchiere come occhiali, ma dal sorriso accattivante, un po'
somigliante a Geddy Lee dei Rush. Burke sà il fatto suo e ha sempre
saputo scegliere bene gli amici con cui ha portato avanti il suo
progetto. Agli esordi e praticamente per tutti gli anni '70 (il primo
album, "Budgie" è nel 1971) la formazione comprendeva Tony Bourge alla
chitarra e Ray Phillips alla batteria (sostituito poi nel 1974 da Pete
Boot), due strumentisti fantasiosi e legati al rock blues e alla
psichedelia. Grazie a loro i Budgie diventano in quel periodo una vera
e propria macchina macina riff, le cui canzoni tendono ad essere
dilatate dalle improvvisazioni dei singoli musicisti. In particolare
Tony risente molto dello stile chitarristico di Jimmy Page; per questo
motivo spesso si perde il viaggi astrali psichedelici che tanto
caratterizzano gli Zeppelin ("No Quarter" e "Dazed and Confused" su
tutte). Gli album più rappresentativi di quel decennio sono l'esordio,
"Squawk", "Never Turn Your Back On A Friend", "In for the Kill" e
"Bandolier": repertorio da cui attingeranno anche i Metallica, sempre
alla ricerca di nuove cover, riproponendo "Crash Curse in Brain
Surgery" e la micidiale "Breadfan", votata in un sondaggio inglese come
una delle canzoni dal riff più trascinante del secolo scorso. Quando il
panorama musicale britannico cambia drasticamente con l'avvento del
punk e, poco dopo, con la New Wave Of British Heavy Metal, Burke
capisce subito l'esigenza di dover trasformare la band. Serve qualcosa
di più immediato, di meno tedioso, le canzoni devono essere più corte,
il lavoro chitarristico fulmineo ed incisivo, le ritmiche più veloci e
semplici, sorrette però da un drumming potente e preciso. Ed ecco che
per fare questo si rivelano essenziali Steve Williams, il nuovo
versatile batterista (in realtà con Burke già da alcuni anni), e John
Thomas alla chitarra. Con la rinnovata formazione i Budgie sono pronti
ad affrontare una seconda giovinezza, gettandosi nel mezzo del nuovo
fenomeno musicale che caratterizzerà i primi anni '80, insieme a tante
altre band di giovanissimi ed esordienti, senza sfigurare
assolutamente. Escono in rapida successione due bombe come l'EP "If
Swallowed, Do Not Induce Vomiting" (1980) e l'album "Power Supply"
(1980), veri e propri oggetti di culto per noi, allora giovani fan del
metal anglosassone.
E' la volta, l'anno successivo, di "Nightflight", forse meno immediato
e folgorante delle due uscite precedenti, ma di gran lunga l'album più
raffinato e completo mai prodotto dai Budgie. La copertina, disegnata
da un Derek Riggs non ancora reso famoso da quelle ideate per gli Iron
Maiden, ritrae la mascotte che accompagna i Budgie sin dagli esordi: un
pappagallo antropomorfe iper-tecnologico, spesso anche in passato
rappresentato all'interno di tute da aviatore o da astronauta o,
addirittura in versione cyborg ("Power Supply"), e qui appena sbarcato
da un caccia stellare con tanto di disintegratore alla mano (secondo me
Riggs si è ispirato a questo disegno per la grafica di "Somewhere in
Time" degli Iron). Il tutto ambientato nella jungla sudamericana dove,
tra la vegetazione, svetta una piramide precolombiana. Ed il mistero
della grafica di copertina viene trasmesso alle note dell'accattivante
arpeggio che apre "I Turned To Stone", prima composizione della
facciata A. Il risultato ottenuto dalla chitarra arpeggiata e dalla
voce acuta di Burke è fantastico: un sogno ben costruito al termine del
quale ci attende il brusco risveglio dell'incedere cadenzato e distorto
del ritornello, melodico e orecchiabile al punto giusto. Il lavoro
solistico di Thomas è in questa fase essenziale ma estremamente solido
ed immediato. Questo anche perchè, per esprimersi al meglio, avrà a
disposizione tutta la lunga crescente cavalcata finale della canzone,
dove tutto il manico della chitarra viene accarezzato dalle sue
funamboliche dita, fino ad un finale granitico e maestoso. "Keeping A
Rendez-vous", uscita anche come singolo prima dell'album in versione
picture-disc, è probabilmente la canzone più commerciale mai scritta da
Shelley e Thomas. Orecchiabile e dall'incedere marziale si ricorda
immediatamente, anche grazie ad un ritornello incredibilmente ruffiano
e radiofonico. Sinceramente quando comprai il 45gg rimasi leggermente
deluso dalla leggerezza della canzone, ma bastarono pochi ascolti
perchè diventasse un tormentone che ancora oggi ogni tanto mi frulla
tra i neuroni. La successiva "Reaper Of The Glory" è più vicina al
repertorio dei Budgie dei due vinili precedenti. La potenza di questo
shuffle non sfigurerebbe nella track list di "Power Supply". Qualche
leggero tappeto di tastiere lo rendono però più raffinato e quindi
adatto al nuovo percorso della band. Bella ruvida e sanguigna è
l'ultima traccia della side A, "She Used Me Up", dal riff che ricorda
gli AC/DC, che in quel periodo vivevano un momento di grande
popolarità. Giriamo il vinile e ci troviamo ad affrontare "Don't Lay
Down And Die", bel pezzo tirato e dal cantato melodico ben costruito.
L'accompagnamento terzinato della batteria lo rendono pieno di carica e
tensione; notevoli gli arrangiamenti della tastiera che aiutano il
lavoro chitarristico, sempre preciso ed originale. Sicuramente una
delle composizioni meglio riuscite dell'album.
Scelta come B-side di "Keeping...", "Apparatus" è l'altra composizione
atipica contenuta in "Nightflight"; tranquilla ma non abbastanza per
essere definita una ballata, piace proprio perchè non è possibile
inquadrarla se non dopo diversi ascolti. Di grande classe l'assolo di
Thomas, perfettamente adatto alla canzone ed eseguito con grande gusto.
Certo che metterla come seconda canzone di un singolo già particolare
come era "Keeping A Rendez-vous", fu indubbiamente una scelta sofferta
da parte dell'Active records. Tiro e immediatezza per "Superstar", che
contiene uno dei riff meglio riusciti del trio, da ricordare insieme a
quelli seminali degli anni '70. Qui Thomas si scatena con un'assolo al
calore bianco accompagnato dalla sezione ritmica potente e martellante.
La seguente "Change Your Ways" è un mezzo tempo in cui la chitarra ha
un suono estremamente pulito. L'arpeggio che regge il cantato ci
accompagna per tutta la durata della canzone, dove sono di importanza
fondamentale gli arrangiamenti vocali nei cori dei bridge e del
ritornello. Probabilmente una delle pochissime canzoni dei Budgie con i
cori così in evidenza. Chiude "Nightflight" "Untitled Lullaby", una
melodia intrecciata dalla sola chitarra acustica portata lontano da un
vento implacabile e misterioso, che sembra richiamare l'oscuro
significato della copertina che contiene questo volo notturno. Finale
ideale per un disco di una raffinatezza unica, ma che fu anche una
scelta coraggiosa in un momento in cui la scena musicale inglese era
indirizzata verso soluzioni più distorte e con meno fronzoli. Infatti,
nonstante un discreto successo commerciale, le vendite dei Budgie non
raggiunsero mai quelle di Saxon, Iron Maiden, Angelwitch e soci. Il
tracollo arriva con l'album seguente, "Deliver Us From Evil",
definitivamente troppo leggero per soddisfare i fans del metallo
pesante, spesso troppo giovani per conoscere il passato glorioso da cui
veniva la band. Una prova a mio parere non completamente da cestinare,
anche dopo 25 anni. Alcune canzoni sono ben fatte e andrebbero
rivalutate. Forse ne riparleremo. Intanto i Budgie continuano a sputare
watts dagli amplificatori e nelle date di Febbraio hanno avuto Craig
Goldy (Dio) come ospite alla chitarra. E' invece del 2006 il nuovo
album "We're All Living In Cuckooland".
(J.L. Seagull - Marzo 2008)
Voto: 8.5
Contatti:
Sito internet: http://www.budgie.uk.com/