BROKEN GLAZZ
Divine
Etichetta: Dracma Metalrecords
Anno: 1991
Durata: 43 min
Genere: thrash / techno metal
I Broken Glazz si formarono a Torino nella seconda metà degli anni '80.
Nel 1990 rilasciarono un demotape (purtroppo non ho mai avuto occasione
di ascoltarlo...) che riscosse ottimi consensi e valse loro la firma
del contratto con l'allora nascente Dracma Records, etichetta torinese
che nei primi anni '90 riuscì a creare un certo interesse attorno a sé,
grazie anche a una serie di compilation (le note "Nightpieces" vol. I,
II, III e IV) che cercavano di proporre quanto di meglio il metal
tricolore di allora avesse da offrire.
"Divine" uscì abbastanza in sordina. Ricordavo bene le ottime
recensioni del demo quando, all'improvviso, trovai in un negozio questo
"Divine" (particolare curioso: nel 1990 un'altra band a nome Broken
Glazz rilasciò un disco, generando un po' di confusione). Era il 1991,
i primi mesi per la precisione.
Parliamo quindi del disco. L'esordio del gruppo torinese è
sicuramente degno di menzione, considerato anche il panorama metal
italiano dell'epoca. Di certo non ci troviamo di fronte a un gruppo di
meri riciclatori. La matrice è thrash, in definitiva, ma parlerei di
thrash piuttosto personale, ai confini con il techno-thrash. I
riferimenti dei Broken Glazz vanno infatti ricercati, a mio avviso, in
gruppi come Megadeth in primis e Death Angel, senza dimenticare gente
come i Mordred eT similia. Strutture contorte ("Faces On The Floor"),
inaspettati sprazzi acustici (la ballad "Someday") e brani dal tiro
veemente ("Fun House")... Un album molto eterogeneo, e per certi versi
"difficile", che merita più di un ascolto per esser compreso.
Si parte con i sei minuti e mezzo dell'intricata "Faces On The
Floor", che inizia con una sequenza di accordi alla Voivod. Poi è tutto
un susseguirsi di riff e stacchi, con un cantato che ricorda Dave
Mustaine. Anche la concezione del brano e di alcuni riff "spezzati"
rimandano ai primi album dei Megadeth. Certamente la struttura
articolata non facilita un ascolto distratto, ma è indubbio che i
torinesi ci sapessero fare. Manca un po' di tiro, però piace la voglia
di non accontentarsi del riff semplice e la ricerca dello stacco
particolare o del lick ad effetto.
Il secondo pezzo è quello che dà il titolo al disco. Anche qui
parliamo di un pezzo di oltre sei minuti con una lunga parte
introduttiva prima del cantato, che di lineare non riesce ad avere
proprio niente.
Inaspettato il terzo brano in scaletta. "Someday" infatti non è
che una metal-ballad costruita su un delicato arpeggio di chitarra
pulita arricchito da un tappeto di tastiere. Ho detto metal-ballad
perché a un certo punto subentrano le chitarre distorte, che comunque
non stravolgono più di tanto la struttura del pezzo. Non male, nel
complesso.
Il lato A si chiude con "Electronic Brain", spezzettatissima ed
intricata, che però non riesce a trovare uno sbocco, risultando alla
fine piuttosto anonima.
Il lato B parte invece a mille con la scatenata "Fun House" (che
comunque non ci risparmia la solita serie di stacchi a ripetizione,
ormai vero e proprio marchio di fabbrica dei Broken Glazz, almeno su
questo esordio!). Quasi a sorpresa fa la sua comparsa un ritornello
rockeggiante ripetuto più volte,
E' il turno poi di "Mindless Transparency", sicuramente una delle
migliori canzoni di "Divine". Intricata ma dotata di una certa melodia
strisciante alla Megadeth , "Mindless Transparency" convince grazie
alle belle rifiniture di chitarra, ad alcuni riff taglienti e a certe
indovinate aperture più melodiche. I quattro sono stati, in questo
frangente, più attenti alla forma "canzone", pur mantenendo la loro
predisposizione ai "mille-riff-uno-dietro-l'altro."
E dopo il breve interludio di "Life Gone Wrong" (quarantotto
secondi di sole voci.) è il turno di "Promised Time", che con i suoi
quasi dieci minuti chiude il disco. L'inizio è lento e ipnotico, grazie
anche all'uso, peraltro mai eccessivo, delle tastiere. Ci sono diversi
cambi di tempo e atmosfera nel corso del pezzo, si passa da andature
cadenzate ad up-tempo con il classico riffing thrash; trovano spazio
anche apprezzabili impasti elettro-acustici. Una valido congedo, in
linea qualitativamente con quanto proposto nei precedenti brani.
James Wynne, chitarrista e cantante, uscirà poi dal gruppo per
andare a formare i più rockeggianti Vanity-X (apriranno anche la data
milanese dei Savatage nel 1996!); il suo posto sarà preso da Luca
Balducci, valido solista.
In definitiva "Divine" è un discreto album, ambizioso e
particolare, ma a mio parere non del tutto riuscito. Manca un po' di
tiro, nei momenti più trascinanti; i riff presi singolarmente
potrebbero anche funzionare, ma a volte sono amalgamati in modo
"asfittico" e le canzoni non hanno respiro. Però va apprezzata
l'attitudine dei quattro torinesi, di non voler seguire nessuno in
particolare e di non accontentarsi dell'ovvio. La produzione è discreta
ma niente più.
Se foste cultori del metal italiano fatelo vostro, è sicuramente
un album meritevole. Se foste interessati solo ai capisaldi del metal
rivolgetevi altrove.
Da segnalare che parteciperanno all'Italian Assault (tour italiano in
compagnia di Braindamage e Headcrascher nel 1991) e, nel 1993 (quindi
dopo l'uscita del secondo album "Withdraw From Reality") al Monster
Italiano a Firenze in compagnia di Electrocution, Tossic, Extrema,
Strana Officina e Steve Sylvester (in un Auditorium Flog che
strabuzzava di gente!).
(Linho - Aprile 2006)
Voto: 6.5