BLEED SOMEONE DRY
The World Is Falling In Tragedy
Etichetta: UK Division Records / Alkemist Fanatix
Anno: 2006
Durata: 47 min
Genere: thrash/death
Una Intro tribale dall'incedere in crescendo, per potenza, impeto e
rabbia va a sfociare nel primo vero e proprio brano, "The Day Of
Judgement"; gran muro di suono, chitarre robuste, asciutte e corpose,
basso sferragliante e secco ed una ritmica convulsa, spezzata ed
articolata; principale punto di riferimento per i Bleed Someone Dry
sembrano certamente essere i Sepultura ( 2quelli di "Chaos A.D."),
mentre taluni frangenti sonori sono ben riconducibili ai Meshuggah, con
le loro ritmiche dissonanti, ribassate e in contro tempo.
Anche in "Fight To Survive" la valanga sonora ci sommerge
completamente; partiture veloci si alternano a mid-tempo più cadenzati
e cavernosi mentre le vocals si avvicinano sempre più al
Cavalera/Anselmo style, rozze, grezze e taglienti; gran groove e tiro
sorreggono il brano per tutta la sua interezza, facendo scuotere più di
una volta le membra, per poi dilungarsi in lunghe ed inutili, a mio
parere, divagazioni ritmiche, che nulla aggiungono al risultato finale,
se non il voler mostrarsi ad ogni costo originali o poco risentiti.
Con "The Fucking Big Brother" la formula non cambia; suoni
potentissimi, riff taglienti ed allo stesso tempo profondi ed oscuri;
ritmica spezzata ed ultra cadenzata che va ad alternarsi,
vicendevolmente, a lunghe sfuriate ai limiti del death per poi
riaprirsi improvvisamente in occasione dei chorus, come se il groove ed
il tiro dei Pantera trovasse libero sfogo lungo le ritmiche ed un non
so che di selvaggio tipico dei Sepultura. Bravi.
"Triangle Of Death" non è altro che una buona canzone
thrash/death, tipicamente classica arricchita da sonorità e produzione
moderne e ben congeniate; il groove espresso è sempre notevole ed
impressiona il buonissimo lavoro alle chitarre di Jonathan e Stefano,
sicuri, precisi, debordanti ed in continua gara tra loro, in modo da
creare una sicura e ben delineata "melodia" di fondo, capace di rendere
il pezzo credibile e ben orecchiabile.
Con "Blood On Nations", come se fosse ancora possibile, la velocità ed
il tiro aumentano vertiginosamente, portando le sonorità dei nostri
assolutamente vicine al più genuino e crudo Sepultura style, senza
tralasciare però, nell'occasione, anche sparute divagazioni ritmiche,
figlie invece di un'immensurabile amore per Meshuggah. Compattezza,
rabbia e furia compositiva, rendono il brano in questione, uno
schiacciasassi.
"Death On Death" non si discosta assolutamente da tutto quello
ascoltato sinora, pur risultando per certi versi meno claustrofobica o
articolata; è la velocità esecutiva ed un maggior impeto di fondo a
caratterizzare il tutto, riportandoci inesorabilmente alla mente i
Death di "Individual Through Patterns" o di "Symbolic", ossia quelli
più tecnici e feroci. Anche in fase d'assolo e per quel che riguarda le
vocals il mai dimenticato Chuck Schuldiner sembra aver fatto scuola e
proseliti tra i nostri e non c'è che dire, il tutto viene fatto più che
bene. Anche i brani che seguono, "Killing Depression" e "Where Is The
Man?" ricalcano per filo e per segno i clichè sin qui utilizzati,
discostandosi veramente di poco dalle sonorità già proposte, se non per
alcuni inserti più pacati e melodici, per alcune vocals pulite e
partiture semiacustiche; brevi sprazzi di pura melodia in mezzo ad un
oceano di rabbia e frustazione.
Tocca quindi a "Nobody's Slave", nono ed ultimo pezzo in scaletta,
concludere questo primo lavoro per i Bleed Someone Dry; la furia e
l'impatto non mancano assolutamente; ritmiche serrate e veloci, basso
martellante e vocals ruvide e graffianti fanno del brano uno schiaffone
in pieno volto; non c'è scampo, il vagone ci ha travolto e non ce ne
siamo accorti, ritrovandoci lì in mezzo al niente, esanimi e privi di
forze; la nostra singolare tragedia ha appena avuto inizio.
I "notevoli" punti di riferimento e le pietre di paragone care a questi
cinque ragazzi ci sono chiari sin dal principio, niente viene fatto per
nascondere quest'aspetto incontrovertibile ed alla fine risulta essere
anche un bene. In fin dei conti la riproposizione di stilemi da
considerare oramai classici, nel genere di riferimento, fa si che i
nostri non alzino troppo il tiro, rimanendo con le membra sempre ben
salde in terra.
La produzione è veramente eccellente, grazie anche ai sempre validi
Fear Studio; così come iniezioni di personalità e di proprio ingegno
non mancano, anche se, alla lunga, non riescono a mantenere alta ne
l'attenzione musicale ne l'appeal generale del tutto, certamente non
aiutati nemmeno dall'eccessiva durata, a mio parere, di questo "The
World Is Falling In Tragedy"; un paio di brani in meno e già le cose
avrebbero preso una piega ben diversa. Da non sottovalutare, comunque.
(Pasa - Luglio 2009)
Voto: 7
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